INFERNO - CANTO XX


Dall’Edizione integrale a cura di
Pietro Cataldi e Romano Luperini ed. Le Monnier Scuola
Interpretazione cabalistica di Franca Vascellari
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Di nova pena mi conven far versi
e dar matera al ventesimo canto
de la prima canzon, ch’è d’i sommersi. 3

Io era già disposto tutto quanto
a riguardar ne lo scoperto fondo,
che si bagnava d’angoscioso pianto; 6

e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo. 9
Il Poeta e` pronto  a descrivere  la  nova  pena   dei  nuovi  dannati , materia  del 20esimo  canto  della  prima  cantica  (l’inferno) ed  e` pronto  a scrutare  nella  quarta  bolgia  sicuramente   bagnata   da lacrime  d’angoscia,  quando  li` vede  avanzare  un  gruppo  in processione,  lento  come  quelli  che recitano le litanie .
Come ’l viso mi scese in lor più basso,
mirabilmente apparve esser travolto
ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso, 12

ché da le reni era tornato ’l volto,
e in dietro venir li convenia,
perché ’l veder dinanzi era lor tolto. 15
Abbassando lo sguardo su quella gente  Dante  vede  ognuno  travolto  tra il mento  e il torace : tutti  quelli  hanno il viso ruotato  verso la schiena  ed sono  costretti  ad andare  all’indietro , non potendo vedere  davanti.
Forse per forza già di parlasia
si travolse così alcun del tutto;
ma io nol vidi, né credo che sia. 18

Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
di tua lezione, or pensa per te stesso
com'io potea tener lo viso asciutto, 21

quando la nostra imagine di presso
vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi
le natiche bagnava per lo fesso. 24
Forse qualcuno  (sulla terra) e` stato ridotto cosi` dalla paralisi,  ma il Nostro non l’ha mai visto e non crede  che  sia possibile  ridursi cosi`. Poi si rivolge  al lettore:  “Che  il Signore ti permetta di far tesoro di questa lettura!  Come potrei  io non piangere  dinanzi  a tale spettacolo!  Sono tanto  deformi  che il loro pianto  cola  nella fessura delle  natiche!”
Certo io piangea, poggiato a un de’ rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta
mi disse: "Ancor se' tu de li altri sciocchi? 27

Qui vive la pietà quand’è ben morta;
chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion comporta? 30
Il Discepolo  dunque  piange  appoggiato  ad uno spuntone  della  roccia  ed il Maestro  a lui: “Sei  dunque  uno sciocco  pietoso?  Nell’inferno  si e` veramente  ‘pietosi’ ( dal latino  pius = puro)  quando  la pieta` (la con-passione)  e` morta. Chi e` piu` scellerato  di chi pensa  di poter giudicare  la  Giustizia  divina?…”
Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
s’aperse a li occhi d’i Teban la terra;
per ch’ei gridavan tutti: "Dove rui, 33

Anfïarao? perché lasci la guerra?".
E non restò di ruinare a valle
fino a Minòs che ciascheduno afferra. 36


 Mira c' ha fatto petto de le spalle;
perché volse veder troppo davante,
di retro guarda e fa retroso calle. 39
“ … Alza, alza la testa e guarda  quello  che  fu inghiottito  dalla terra  dinanzi  agli occhi  dei Tebani  (Tebe = citta` sacra agli dei); a lui tutti gridavano:  “Perché  fuggi  dalla battaglia,  Anfiarao  (= legat o  alla maledizione;   previde  la propria  morte  e cerco` invano di fuggirla)?”  E non si fermo` fino a che  non giunse  da quello  che tutti  afferra, Minos (= Minosse, il giudice  infernale). Guarda  come  in lui il petto e` diventato spalle;  volle vedere  troppo in avanti  ed ora vede solo indietro  e cammina  a ritroso..”
 Perché Dante  colloca  gli indovini  nell’inferno?  Perché fa coincidere   il desiderio  di conoscere  il futuro con  il peccato  di superbia. Gli indovini  nella  religione  greca  e romana  erano  considerati  i rivelatori della volonta` degli  dei;  nella  religione  ebraica  i profeti  erano  gli ‘uomini  del Signore’  (v. Samuele, Davide, Elia, Eliseo  ecc..) nella religione  cristiana,  fin dall’inizio,  i ‘santi’  hanno  spesso  avuto  il dono  della profezia  (At. 2, 14-21),eppure  dalle  chiese  ufficiali  gli ‘indovini’ sono stati  messi al bando  (1 Sam. 28, 7-20) o considerati  a servizio dei demoni.  E questo  perché ?  Perché  se sicuramente  un falso profeta  e` a servizio  del male  e quindi va bandito,  al contrario,  uno vero profeta  fa paura  ad ogni  chiesa  ufficiale  che teme,   a causa  sua,  di perdere  il prestigio  e      l’ autorita` sul popolo. Esempi  lampanti  di differenza tra il vero  mago -profeta  e i falsi maghi- profeti l’abbiamo  in Esodo, nella contrapposizione  tra Mose`, profeta dell’Io Sono, e i maghi  del  faraone  (episodi delle  piaghe  d’Egitto -Es. cap. 7-12), oppure  nel primo libro dei Re  nello scontro  tra Elia, uomo del Signore, e i profeti di Baal  (episodio  della discesa del fuoco dal cielo  1Re 18, 20-40).

 Nel nostro discorso  interiorizzato   cerchiamo  ora di  porre  gli ‘indovini’  sull’Albero.  Dobbiamo  innanzi tutto  chiederci  quando  quelli  che  sono  ‘doni’  dello  Spirito, l’arte  della ‘profezia’  o la ‘divinazione’ o   la ‘magia’  diventano ‘vizi’. Ma quando,  invece di servire  l’Io Sono, sono  messi a servizio dell’ego,  per vantaggi  materiali , e diventano  quindi  ‘fraudolenti’,  come  negli  episodi  della Bibbia  di cui sopra. La sephirah  che  compete  la conoscenza  delle  cose  dello  Spirito e` Chesed  (Giustizia, Potere), un suo  capovolgimento  di valenza  conduce  al bigottismo,  all’ipocrisia,  alla tirannia,  all’avidita`, cosicche `  tutto  quello  che  doveva condurre  a Daath  (Coscienza)  viene  reso vano e sperperato  e il ricercatore   invece di avanzare  (sul Sentiero), va all’indietro  come  fanno i gamberi  e come  fanno i dannati  danteschi. ..
Vedi Tiresia, che mutò sembiante
quando di maschio femmina divenne,
cangiandosi le membra tutte quante; 42

e prima, poi, ribatter li convenne
li duo serpenti avvolti, con la verga,
che rïavesse le maschili penne. 45
“… Vedi Tiresia  (= che gioisce  per  i ‘segni’  al bianco, che  soffre per i ‘segni’ al nero) che cambio`di  persona  quando  da uomo  divenne  donna  per punizione,  avendo  colpito  con un bastone  due serpenti  in accoppiamento  e  che pote` tornare  uomo  solo dopo sette anni, quando  ricolpi` gli stessi serpenti  congiunti…”

L’interpretazione  cabalistica di questo  mito puo` essere  riassunta  in poche  parole:  se i due ‘serpenti’  rappresentano  le  energie  delle  due colonne  dell’Albero, volerle ‘separare’ con un ‘bastone’ quando  sono in amore,  significa  voler ‘capovolgere’  la funzione  della  colonna  centrale  dell’Albero  stesso, che invece  deve  unirle  ed  armonizzarle . I ‘serpenti’ di Tiresia  erano in amore  e lui li ha separati,  di conseguenza   e` stato  costretto  a conoscere  forzatamente  (per 7 anni) la sua controparte  femminile  ‘separata’,  come  ‘altro da se`’. Egli ha  operato  esattamente  in modo  contrario  a quanto  fatto,  sul monte  Citerone  da Ermes,  i cui  due  ‘serpenti’  erano  invece  in guerra:  gettando  il ‘bastone’ , cioe` la verga di Apollo,  fra loro, Ermes  li  ha pacificati,  creando  cosi`  il ‘Caduceo’ , simbolo  dell’Albero  in equilibrio,  in amore  e ricchezza.

Aronta è quel ch’al ventre li s’atterga,
che ne’ monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese che di sotto alberga, 48

ebbe tra ’ bianchi marmi la spelonca
per sua dimora; onde a guardar le stelle
e ’l mar non li era la veduta tronca. 51
“… Aronta  ( Arunte, indovino  etrusco)  e` quello  che  lo segue.  Costui pote` liberamente  scrutare  cieli  e mare,  perché  visse in una grotta  tra i marmi  bianchi  dei  monti  della Lunigiana  (che ha il porto a forma di luna),  sopra  la valle  dove vivono i Carraresi  (Carrara = luogo della pietra)...” Arunte avrebbe potuto,  data la posizione  favorevole,  essere  un vero profeta, ma non mise a servizio del Cielo le sue doti…
E quella che ricuopre le mammelle,
che tu non vedi, con le trecce sciolte,
e ha di là ogne pilosa pelle, 54

Manto fu, che cercò per terre molte;
poscia si puose là dove nacqu’ io;
onde un poco mi piace che m’ascolte. 57
“… E quella  che  (avendo la testa girata all’indietro)  copre  i seni, che non vedi,  con i capelli  e che  ha  dalla stessa parte  le intimita`,  quella  e` Manto  (indovina,  figlia di Tiresia, fuggi` da Tebe  quando  Creonte  ne divenne  re; v. in
www.teatrometafisico.it    ‘Antigone  di Sofocle’   e relativa interpretazione   cabalistica) . Manto  vago` a lungo,  poi si stabili` nella terra dove io nacqui;  percio` ora ascolta  quello  che ti narrero`…”
Poscia che ’l padre suo di vita uscìo
e venne serva la città di Baco,
questa gran tempo per lo mondo gio. 60

Suso in Italia bella giace un laco,
a piè de l’Alpe che serra Lamagna
sovra Tiralli, c’ ha nome Benaco. 63
“…Morto il padre  Tiresia  e divenuta  Tebe  (= sacra agli dei) schiava  di Creonte  (= il potente), Manto,  esule,  vago` a lungo . In Italia  (= terra del vitello sacro),  a nord,  ai piedi  dell’Alpi  (= monti)  che delimitano  la Lamagna  ( = Germania,  terra dei celti)  sopra  Tiralli  (da  tir = terra  degli  altri = il Tirolo), c’e` un lago, il Benaco  (= dai molti  promontori)…”

Per mille fonti, credo, e più si bagna
tra Garda e Val Camonica e Pennino
de l’acqua che nel detto laco stagna. 66

Loco è nel mezzo là dove ’l trentino
pastore e quel di Brescia e ’l veronese
segnar poria, s’e’ fesse quel cammino. 69
“….La zona fra il Garda   (dal germanico  Warda = luogo di guardia),  la Val Camonica  ( valle dei comunni, popolo  di incisori ) e Pennino  (pen = monte)  e` paludosa  per l’acqua  del lago,  li` si incontrano  le  diocesi  di Verona  (citta` dei balconi) , Brescia  ( dal celtico  briga  = citta` sulle alture ) e Trento  (= citta` sul tridentum  = triforcazione) ...”

Siede Peschiera, bello e forte arnese
da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi,
ove la riva ’ntorno più discese. 72

Ivi convien che tutto quanto caschi
ciò che ’n grembo a Benaco star non può,
e fassi fiume giù per verdi paschi. 75
“…Dove la riva e` piu` bassa  si trova  il Peschiera   (= riserva di pesci),  di fronte a Brescia   e Bergamo  ( dall’accadico  parakkum  = santuario) , la sua  acqua  in sovrappiu` si riversa nei campi e li rende  fertili…”
Tosto che l’acqua a correr mette co,
non più Benaco, ma Mencio si chiama
fino a Governol, dove cade in Po. 78

Non molto ha corso, ch’el trova una lama,
ne la qual si distende e la ’mpaluda;
e suol di state talor esser grama. 81
“…Quando  l’acqua comincia  a scorrere,  non e` piu` lago,  ma si chiama  Mencio  (Mincio = scolo) fino a Governolo  (da Kybernan  = guida  modesta), dove  fluisce nel Po (dal celtico  bod = profondo  e pad= fiume), la` e` una zona  tutta palude,  ma secca d’estate.
Quindi passando la vergine cruda
vide terra, nel mezzo del pantano,
sanza coltura e d’abitanti nuda. 84

Lì, per fuggire ogne consorzio umano,
ristette con suoi servi a far sue arti,
e visse, e vi lasciò suo corpo vano. 87
“…Passando per questi  luoghi  la vergine  cruda  (=cruenta,  piena di sangue, vigorosa) vide una terra disabitata e incolta  e, per rimanere  in solitudine,  li` si fermo` con i suoi servi a praticare la sua arte,  e li` visse e mori`.
Li uomini poi che ’ntorno erano sparti
s’accolsero a quel loco, ch’era forte
per lo pantan ch’avea da tutte parti. 90

Fer la città sovra quell’ossa morte;
e per colei che ’l loco prima elesse,
Mantüa l’appellar sanz’altra sorte. 93
“…Poi la gente  dei dintorni si raccolse  in quel  luogo protetto  dalla  palude  e si formo` una citta`,  chiamata Mantova  dal nome  di quella  (Manto) che l’aveva  scelta  a sua dimora…”
Già fuor le genti sue dentro più spesse,
prima che la mattia da Casalodi
da Pinamonte inganno ricevesse. 96

Però t’assenno che, se tu mai odi
originar la mia terra altrimenti,
la verità nulla menzogna frodi". 99
“…I suoi abitanti  furono dapprima  numerosi,  poi la pazzia  del conte  di Casalodi (=  lode della casa al bianco,  rovina della casa  al nero) la fece spopolare,  ingannato   dal  Pinamonti (= monte  a forma di pigna) che  cosi` pote` impadronirsi  della  citta`. Percio` ti raccomando,  se  udrai  raccontare   le  origini  della  mia  citta`  in modi  diversi,  sappi che sono menzogne.”

Se qualcuno,  narrandoci  un sogno,  dovesse  in poche  righe  nominare  una  quindicina  di luoghi geografici  descrivendoli  meticolosamente ,  ci  chiederemmo  subito  che  significato  attribuire  a tanta geografia  (geo = terra, grafia traccia, scrittura). Poiche` qui i ‘luoghi’  nominati  fanno tutti da cornice  a ‘Mantova’ la citta` natale  di Virgilio, viene spontaneo  pensare  ad un desiderio  del Discepolo  di  approfondire  il ‘Maestro’  nelle  sue origini. Ricordiamo  che Virgilio  rappresenta  la ‘Ragione’  di Dante  e che  alla fine del canto  precedente   lo ha ‘preso in braccio’. Noi pensiamo che  i significati  dei nomi  dei ‘luoghi’  possono  essere  considerati  ‘parole –chiave’   che caratterizzano   la  Ragione  virgiliano-dantesca   e  ne  vengono  a formare  gli ‘attributi’:  eccoli  in sequenza:   terra del vitello sacro – (ma anche) terra  degli  altri – promontori(o) – guardia – incis(ori)ione – monte – balcone – altura – tridente  – pesc(i)e – santuario – scolo – guida  piccola – profondo  fiume  ecc… Il discorso ci sembra  chiarissimo:  questa ‘Ragione’  e` tutta  ‘terra e acqua, cioe` logica e capacita` di collegamento’  e niente  ‘aria e fuoco, cioe` capacita` di penetrazione   simbolica  e intuizione’!
E io: "Maestro, i tuoi ragionamenti
mi son sì certi e prendon sì mia fede,
che li altri mi sarien carboni spenti. 102

Ma dimmi, de la gente che procede,
se tu ne vedi alcun degno di nota;
ché solo a ciò la mia mente rifiede". 105
Alle spiegazioni  del Maestro  cosi` risponde  il Discepolo: “ Le tue  parole sono tanto vere e fidate, che altre sarebbero  per me carboni  spenti,  cioe` come  nulla. Ma, per tornare  al mio compito,  dimmi se, tra i dannati  che vediamo,  ce n’e` qualcuno  degno  di nota”.
Allor mi disse: "Quel che da la gota
porge la barba in su le spalle brune,
fu - quando Grecia fu di maschi vòta, 108

sì ch’a pena rimaser per le cune -
augure, e diede ’l punto con Calcanta
in Aulide a tagliar la prima fune. 111


 Euripilo ebbe nome, e così ’l canta
l’alta mia tragedìa in alcun loco:
ben lo sai tu che la sai tutta quanta. 114
E a lui Virgilio: “ Quello  a cui la barba  copre  le spalle  fu indovino  durante  la guerra  (di Troia)  che  uccise  tutti i giovani , meno quelli  in culla,  e indico`,  insieme  a Calcanta  (=  Calcante  = che pensa in grande)  il momento  giusto  per  far salpare  la flotta in Aulide  (= piccola regione ) per  Troia. Il suo nome  fu  Euripilo  (= ampia  porta) di lui ho scritto  nel mio poema  e tu lo sai perché  lo conosci  tutto…”.

Quell’altro che ne’ fianchi è così poco,
Michele Scotto fu, che veramente
de le magiche frode seppe ’l gioco. 117

Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente,
ch’avere inteso al cuoio e a lo spago
ora vorrebbe, ma tardi si pente. 120


Vedi le triste che lasciaron l’ago,
la spuola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine;
fecer malie con erbe e con imago. 123
“… L’altro dai magri fianchi  e` Michele  (chi come  il Signore? ) Scotto (malcotto,  venuto male)  che  conobbe  bene  le arti magiche  (alla corte di Federico II). E poi c’e` Guido (= uomo di selva) Bonatti  (= degli atti buoni al bianco, degli  atti cattivi  al nero);  vedi Asdente (= senza dente)  che  lascio` il mestiere di ciabattino  per quello  di indovino,  ma se ne penti` (troppo)  tardi. E vedi ancora  le  inique  donne  che  lasciarono  gli strumenti  femminili,  ago, spola e fuso, per diventare  maghe  e fecero malie  con erbe e figure…”

Ma vienne omai, ché già tiene ’l confine
d’amendue li emisperi e tocca l’onda
sotto Sobilia Caino e le spine; 126

e già iernotte fu la luna tonda:
ben ten de’ ricordar, ché non ti nocque
alcuna volta per la selva fonda". 129

Sì mi parlava, e andavamo introcque.

Ma ora basta, andiamo  via,  che`  l’immagine  di  Caino  (= acquisto)  con le spine  (che si forma sulla luna) tocca  i due  emisferi e sta per  sparire  sotto il mare  di Sobilia  (= Siviglia = citta` costruita su pali)  e gia` ieri c’e` stata  la luna  piena:  tu dovresti  ben ricordarla  perché  ti aiuto` quando  eri nella selva”.  Cosi` parla Virgilio  e intanto  vanno.



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