INFERNO - CANTO XXI


Dall’Edizione integrale a cura di
Pietro Cataldi e Romano Luperini ed. Le Monnier Scuola
Interpretazione cabalistica di Franca Vascellari
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Così di ponte in ponte, altro parlando
che la mia comedìa cantar non cura,
venimmo; e tenavamo ’l colmo, quando 3

restammo per veder l’altra fessura
di Malebolge e li altri pianti vani;
e vidila mirabilmente oscura. 6
Cosi` di ponte in ponte  vanno Maestro  e Discepolo,  parlando di cose  che  non riguardano  la ‘Divina Commedia’  e, giunti al in cima  al ponte  della  (quinta)  bolgia, luogo  di pianti  vani  (inutili),  guardano  in giu` e la vedono  mirabilmente  (assai)  oscura.
Quale ne l’arzanà de’ Viniziani
bolle l’inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani, 9

ché navicar non ponno - in quella vece
chi fa suo legno novo e chi ristoppa
le coste a quel che più vïaggi fece; 12

chi ribatte da proda e chi da poppa;
altri fa remi e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppa -: 15

tal, non per foco ma per divin’arte,
bollia là giuso una pegola spessa,
che ’nviscava la ripa d’ogne parte. 18
Come d’inverno, quando  non e` possibile  navigare,  nel cantiere  navale  a Venezia  (= citta` dei vincitori)  il bitume  appiccicoso  bolle  per la riparazione  delle  navi in avaria,  e (intanto  un artigiano)  fa una nave nuova, un altro ripara i fianchi di una che ha viaggiato  assai, e uno ripara  a poppa, uno a prua  e uno rammenda  la  vela  di terzeruolo  (=  vela minore  di terz’ordine)  e un altro quella  di artimone  (= vela di gabbia  di second’ordine),  cosi` li` in fondo la pece spessa bolle, invischiando  totalmente  l’argine. 

La similitudine   con il cantiere  navale in cui ferve il lavoro invernale  ci prepara  gia` all’attivita`  frenetica  dei diavoli sui dannati  descritta  nei  prossimi versi.  In questa bolgia  vengono  puniti  i ‘barattieri’;  questi  sono  coloro  che,  avendo  raggiunto  cariche  pubbliche,  le sfruttano a proprio vantaggio  con rapacita` e  corruzione,   e ‘intrigano’  per  avidita` di ricchezze  e onori, ignorando  il bene  comune.  Il loro agire  subdolo , nascosto nell’ombra,  per  analogia,  li costringe  a bollire nella pece  oscura nella quale  hanno  attirato  le loro vittime, e ora sono alla merce` di demoni  bugiardi, violenti e ingannatori,  quali  essi stessi sono stati. Nel nostro  linguaggio  interiorizzato   il  peccato  di  ‘baratteria ’ corrisponde  alla  prostituzione  dei  ‘poteri’:  si costruisce  il  ‘barattiere’  interiore  quando  si divulgano  le  conoscenze   esoteriche   a persone  non qualificate  in cambio  di vantaggi  personali  o si fa un uso improprio  dei doni dello Spirito (intuizioni, tecniche , guarigioni,  previsioni, premonizioni,  ecc.),  o si manipolano  illecitamente  i corpi sottili ecc… Per quanto  riguarda  l’Albero  cabalistico  la ‘baratteria’,  come  la ‘divinazione’.  e` un vizio che  puo` essere  attribuito  alla  quelipah  che si oppone  alla sephirah  Chesed (Giustizia) a cui  competono  il Potere,  la Verita`, il Perdono, la Misericordia,  l’Ordine,  la Maesta`, la Morale.  Aver raggiunto  il Potere  e prostituirlo  e` non solo esecrabile,  ma assolutamente ‘imperdonabile’.
I’ vedea lei, ma non vedëa in essa
mai che le bolle che ’l bollor levava,
e gonfiar tutta, e riseder compressa. 21

Mentr’io là giù fisamente mirava,
lo duca mio, dicendo "Guarda, guarda!",
mi trasse a sé del loco dov’io stava. 24
Dante  fissa la pece  nella bolgia, ed in essa vede  le bolle  prodotte  dal calore  prima  gonfiare  e poi appiattire.  Intanto  il  Maestro  lo attira  vicino  a se` dicendo: “Guarda, guarda!”
Allor mi volsi come l’uom cui tarda
di veder quel che li convien fuggire
e cui paura sùbita sgagliarda, 27

che, per veder, non indugia ’l partire:
e vidi dietro a noi un diavol nero
correndo su per lo scoglio venire. 30
Il Discepolo  (a quelle  parole) si volta, e come  quello  che  desidera  vedere  quello  che  dovrebbe  fuggire  ma  poi, assalito  dalla  paura , fugge pur guardando,    cosi`  egli nota un diavolo  nero  che  corre sullo scoglio...
Ahi quant’elli era ne l’aspetto fero!
e quanto mi parea ne l’atto acerbo,
con l’ali aperte e sovra i piè leggero! 33

L’omero suo, ch’era aguto e superbo,
carcava un peccator con ambo l’anche,
e quei tenea de’ piè ghermito ’l nerbo. 36
Ed eccone  la rapida  descrizione:   questo  diavolo  e`  feroce  d’aspetto  e  violento  nell’azione,  ha le ali aperte  ed i piedi leggeri.  Sulle spalle  ossute  reca un peccatore  penzoloni,  tenuto  stretto per  il nerbo  dei piedi  (le caviglie) .
Del nostro ponte disse: "O Malebranche,
ecco un de li anzïan di Santa Zita!
Mettetel sotto, ch'i' torno per anche 39

a quella terra, che n’è ben fornita:
ogn’uom v’è barattier, fuor che Bonturo;
del no, per li denar, vi si fa ita". 42
Il diavolo  dal ponte  cosi`chiama  i  suoi ‘compagni’ : “O  Malebranche  (=  dagli  artigli  crudeli)  ecco  in arrivo uno della  citta` dedicata  a santa  Zita (= fanciulla vergine ), della citta` (Lucca = dal celtico Luk = paludosa)  piena di barattieri,  mettetelo  (subito) sotto la pece, che  poi torno a prenderne  altri …li` sono tutti barattieri  tranne  Bonturo (= attappo bene , che e` il peggiore  di tutti);  li`, per denaro,  il no diventa si`”.

Nel Vangelo di Matteo  (Mt. 5, 33-37) viene detto:  “…Sia il vostro parlare  si`,si`; no, no. Il di piu` proviene  dal maligno”.  A Lucca , nella melma , per denaro  il no diventa  si`. La verita` viene capovolta  in menzogna  e la menzogna  e` opera del maligno , che li` coltiva  la materia  prima, i vari ‘Bonturo’,  pronti  a  ‘riempire’  la quinta  bolgia .
Là giù ’l buttò, e per lo scoglio duro
si volse; e mai non fu mastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo. 45

Quel s’attuffò, e tornò sù convolto;
ma i demon che del ponte avean coperchio,
gridar: "Qui non ha loco il Santo Volto! 48
Il diavolo  butta  giu` dal ponte  il dannato  e, rapidissimo,  torna  indietro:  mai  un mastino  fu sciolto  contro un ladro  cosi` presto. Il peccattore,  tuffato (nella pece  bollente)  subito  torna  a galla  e i diavoli di guardia sotto  al ponte  gli gridano:  “Qui non c’e` il Santo Volto ( il Cristo, da invocare)…”
qui si nuota altrimenti che nel Serchio!
Però, se tu non vuo’ di nostri graffi,
non far sopra la pegola soverchio". 51

Poi l’addentar con più di cento raffi,
disser: "Coverto convien che qui balli,
sì che, se puoi, nascosamente accaffi". 54

Non altrimenti i cuoci a’ lor vassalli
fanno attuffare in mezzo la caldaia
la carne con li uncin, perché non galli. 57
“… qui non si nuota come  nel  Serchio  (= dall’etrusco  aesar  = dio  (divino),  mutato in ausercolus , divenuto sercolus, cerchio)!  Ma se vuoi evitare i nostri graffi  devi rimanere sotto la pece … (e mentre lo dilaniano  con piu`  di cento  uncini )… qui conviene  che  ti dimeni  coperto,  mentre  tenti  di ‘barattare’  nell’ombra”.   Non diversamente  i cuochi  ordinano  ai loro  aiutanti  di immergere  col  forchettone  nel brodo  della  pentola,  la carne,  perché  non galleggi.

La feroce similitudine  rende bene  l’idea  di quale  e` alla fine l’utilizzo  dell’energia   erroneamente  qualificata  nel vizio della ‘baratteria’:   e` usata  come  sostanza,‘carne’,  da bollire  in pentola,  cibo  per  golosi ‘carnivori’. E chi sono  i ‘carnivori’?  I vizi stessi che, accresciuti  dal ricco  ‘nutrimento’,  si solidificano  nei vari ‘diavoli’ (qelipoth, scorie) e producono   ‘inferni’  d’infinita  sofferenza.

 Lo buon maestro "Acciò che non si paia
che tu ci sia", mi disse, "giù t’acquatta
dopo uno scheggio, ch’alcun schermo t’aia; 60

e per nulla offension che mi sia fatta,
non temer tu, ch’i’ ho le cose conte,
perch’altra volta fui a tal baratta". 63


 Poscia passò di là dal co del ponte;
e com’el giunse in su la ripa sesta,
mestier li fu d’aver sicura fronte. 66
E il buon Maestro  al Discepolo:  “ Nasconditi  dietro  una roccia  che ti faccia da riparo,  affinche` non ti si veda; e non temere per me, so come  fare, ci sono gia` stato  in questa  situazione”. Quindi  Virgilio  passa il ponte  e, giunto sulla sesta riva, cerca  di mostrare  gran sicurezza.

Con quel furore e con quella tempesta
ch’escono i cani a dosso al poverello
che di sùbito chiede ove s’arresta, 69

usciron quei di sotto al ponticello,
e volser contra lui tutt’i runcigli;
ma el gridò: "Nessun di voi sia fello! 72

Innanzi che l’uncin vostro mi pigli,
traggasi avante l’un di voi che m’oda,
e poi d’arruncigliarmi si consigli". 75
I diavoli escono  da sotto il ponte  col furore  e la foga dei cani  che saltano  addosso  al povero  che si ferma a chiedere  l’elemosina,  sono armati  dei loro  uncini  contro  la Guida,  che grida loro: “Nessuno  mi aggredisca.  Prima di toccarmi,  che uno di voi mi ascolti  e poi decidera`  il da farsi”.
Tutti gridaron: "Vada Malacoda!";
per ch’un si mosse - e li altri stetter fermi -
e venne a lui dicendo: "Che li approda?". 78

"Credi tu, Malacoda, qui vedermi
esser venuto", disse ’l mio maestro,
"sicuro già da tutti vostri schermi, 81

sanza voler divino e fato destro?
Lascian’andar, ché nel cielo è voluto
ch’i’ mostri altrui questo cammin silvestro". 84
Tutti gridano: “Vada  Malacoda!”  Cosi`  Malacoda   (= cattiva coda  = da scud = battere,  che  colpisce  con cattiveria)  si fa avanti mentre gli altri restano fermi, e intanto  dice : “A che gli serve parlare?”  A lui la Guida: “Credi tu, Malacoda  che  io possa essere giunto fin qui, protetto da tutti voi (diavoli) senza  il permesso  divino? Facci passare, perché  dal cielo  e` voluto  che io mostri ad uno  il difficile cammino  (attraverso l’inferno)”.
Allor li fu l’orgoglio sì caduto,
ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi,
e disse a li altri: "Omai non sia feruto". 87

E ’l duca mio a me: "O tu che siedi
tra li scheggion del ponte quatto quatto,
sicuramente omai a me ti riedi". 90
A tali parole  la sua superbia si affloscia del tutto , cosi` lascia cadere  l’uncino  e intanto  dice  agli altri: “Che nessuno lo ferisca”. La Guida intanto  chiama il Discepolo: “ Tu che stai nascosto tra le rocce  del ponte, vieni da me senza paura”.
Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto;
e i diavoli si fecer tutti avanti,
sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto; 93

così vid’ïo già temer li fanti
ch’uscivan patteggiati di Caprona,
veggendo sé tra nemici cotanti. 96
E Dante  si avvicina subito  al Maestro, pur temendo  i diavoli  che  gli si sono accostati  (minacciosi) . Il suo timore  e` simile  a quello  che provarono  nella resa di Caprona   i fanti  (di Pisa), vedendosi  circondati  dai  numerosi  nemici  (Lucchesi e Fiorentini, tra i quali  anche  Dante).
I’ m’accostai con tutta la persona
lungo ’l mio duca, e non torceva li occhi
da la sembianza lor ch’era non buona. 99

Ei chinavan li raffi e "Vuo’ che ’l tocchi",
diceva l’un con l’altro, "in sul groppone?".
E rispondien: "Sì, fa che gliel’accocchi". 102
Il Viandante si accosta con tutta la persona  alla sua Guida senza levare gli occhi  da quelle  facce, certo non amichevoli. Intanto  i diavoli si dicono  l’un l’altro, allungando gli  uncini:  “Vuoi  che gli dia un colpo  sul groppone?”  “Si`, assesta glielo  bene!”
Ma quel demonio che tenea sermone
col duca mio, si volse tutto presto
e disse: "Posa, posa, Scarmiglione!". 105

Poi disse a noi: "Più oltre andar per questo
iscoglio non si può, però che giace
tutto spezzato al fondo l’arco sesto. 108
Ma il demonio che  ha colloquiato  con Virgilio  si volge  indietro  e subito  ne rimprovera  uno:  “Fermo, fermo, Scarmiglione ( = arruffone)” poi  avverte  i due  Pellegrini  che  non e` possibile  passare  per quel ponte,  perché  il sesto arco e`tutto  crollato  in fondo al fossato.
E se l’andare avante pur vi piace,
andatevene su per questa grotta;
presso è un altro scoglio che via face. 111

Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’otta,
mille dugento con sessanta sei
anni compié che qui la via fu rotta. 114

Io mando verso là di questi miei
a riguardar s’alcun se ne sciorina;
gite con lor, che non saranno rei". 117
..Ma se vogliono proseguire  conviene  che  salgano su per una roccia  che fa da strada  alternativa.  Il crollo e` avvenuto nell’anno   33, (nel terremoto  successivo  alla morte di Cristo – v. Mt. 27, 51-54); sono passati 1266 anni;  lui intanto  manda  i suoi  diavoli  a sorvegliare  i dannati ; dunque  i due Viandanti  possono andare  scortati  da quelli, che  non  saranno  dannosi.

Il Poeta ci fornisce qui un numero,  il 1266, da cui si puo` ricavare ,  sommando  le cifre tra loro  (1+2+6+6=15), il n.15,  relativo  alla  cinerah (sentiero)  della Kabbalah ,  'Satana', (= l'Avversario)  , il Contrasto,  il Diavolo  (= diabolos  = dia -ballo,  getto in mezzo,  il Caluniatore).  Conoscere  questo  sentiero  significa  conoscere  l'agente  magico  del mondo  materiale  che lui domina,  il mondo  degli  istinti;  se  la volonta`(non  egoica)  e  la  purezza  sono  state sviluppate , l'Avversario  diventa  docile  e  si sottomette,  proprio come  Malacoda  a Virgilio.
"Tra’ ti avante, Alichino, e Calcabrina",
cominciò elli a dire, "e tu, Cagnazzo;
e Barbariccia guidi la decina. 120

Libicocco vegn’oltre e Draghignazzo,
Cirïatto sannuto e Graffiacane
e Farfarello e Rubicante pazzo. 123
 
Cercate ’ntorno le boglienti pane;
costor sian salvi infino a l’altro scheggio
che tutto intero va sovra le tane". 126
Malacoda  chiama  subito  dal gruppo  dieci  diavoli:  Alichino  (= dalle ali deformi), Calcabrina   (= che cammina  come se pestasse il ghiaccio) ,Cagnazzo  (cane cattivo),  Barbariccia   (dalla barba arruffata), che guidera`  gli altri, e poi ancora  Libicocco  (= frutto della libidine ), Draghignazzo  (=  sghignazzo  di drago), Cirïatto  sannuto  (= pesce  con le zanne) , Graffiacane  (= uncinatore  di prostituti), Farfarello  (= insetto  parassita), Rubicante pazzo  (= rossiccio  matto). E comanda loro di sorvegliare  la pece  nella bolgia e di badare  che  i due arrivino senza  danni  fino all’altro  ponte, quello intero, che scavalca  i fossati.

Questi dieci diavoli  accompagnatori,   per gli attributi suggeriti  dai loro nomi  fantasiosi,  possono comodamente  essere  collocati  su un ennesimo  alberetto  cabalistico  capovolto:  poniamo  sulla qelipah,  scoria di Malkuth, Terra capovolta,  Calcabrina   (= che cammina  come se pestasse il ghiaccio) ; sulla qelipah, scoria di Yesod,  Luna capovolta,  Farfarello  (= insetto  parassita)  e Cirïatto  sannuto  (pesce  con le zanne); sulla qelipah,  scoria di Hod, Mercurio  capovolto, Graffiacane  (= uncinatore  di prostituti); sulla qelipah, scoria di Netzach, Venere capovolta,  Libicocco  (= frutto della libidine ) e Cagnazzo  (cane,  prostituto  cattivo); sulla qelipah, scoria di Tiphererth,  Sole capovolto,  Draghignazzo  (=  sghignazzo  di drago); sulla qelipah, scoria di Geburah, Marte capovolto,  Rubicante pazzo  (= rossiccio  matto)  e Alichino  (= dalle ali deformi); infine sulla qelipah, scoria  di Chesed, Giove capovolto,  il capo  Barbariccia   (dalla barba  arruffata).
"Omè, maestro, che è quel ch’i’ veggio?",

diss’io, "deh, sanza scorta andianci soli,
se tu sa’ ir; ch’i’ per me non la cheggio. 129

Se tu se’ sì accorto come suoli,
non vedi tu ch’e’ digrignan li denti
e con le ciglia ne minaccian duoli?". 132
Il Discepolo  (alla vista di tale scorta)  interpella  il Maestro:  “Ahime`,  Maestro, che vedo? Non e` meglio  andare soli? Tu sai la strada e io a questi  certo non ci tengo. Tu che sei sempre  tanto  attento, non vedi che costoro  digrignano  i denti e ci minacciano  con gli occhi?"
Ed elli a me: "Non vo’ che tu paventi;
lasciali digrignar pur a lor senno,
ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti". 135

Per l’argine sinistro volta dienno;
ma prima avea ciascun la lingua stretta
coi denti, verso lor duca, per cenno; 138

ed elli avea del cul fatto trombetta.

E a lui la Guida: “Non voglio che tu li tema; lasciali  digrignare,  lo fanno per i peccatori della  bolgia”.  Voltano  dunque  verso l’argine  sinistro, ma prima i diavoli  han  fatto tutti  la linguaccia   al  loro capo  e quello  ha dato loro  il via con la trombetta  dell’ano. …



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