PARADISO - CANTO XI

 
Interpretazione cabalistica di Franca Vascellari
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O insensata cura de’ mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l’ali! 3

Chi dietro a iura e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi, 6

e chi rubare e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s’affaticava e chi si dava a l’ozio, 9

quando, da tutte queste cose sciolto,
con Bëatrice m’era suso in cielo
cotanto glorïosamente accolto. 12
O preoccupazioni insensate dei mortali, quanto sono errati i silogismi (= ragionamenti) che vi fanno rivolgere verso le cose materiali! C’è chi va dietro agli iura (= ai diritti, alle leggi), chi agli amforismi (= alle sentenze d’Ippocrate, alla medicina), chi al sacerdozio; c’è chi vuole dominare con la forza o con la furbizia, chi ruba, chi amministra; c’è chi si diletta nel piacere, chi ozia… il Nostro, libero da tutto ciò, con la (sua) Beatrice è (intanto) accolto nella gloria del Cielo.

 

Con questi versetti Dante contrapponendo agli insensati affanni del mondo la gloriosa accoglienza a lui riservata in cielo, sembra volerci ripetere gli insegnamenti del vangelo di Matteo (6, 25-33): ‘…per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete e neanche per il vostro corpo di quello che indosserete…il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e La sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta’(v. in www.taozen.it Testi sacri ns/ ‘Commento al vangelo di Matteo’).
Poi che ciascuno fu tornato ne lo
punto del cerchio in che avanti s’era,
fermossi, come a candellier candelo. 15

E io senti’ dentro a quella lumera
che pria m’avea parlato, sorridendo
incominciar, faccendosi più mera: 18

«Così com’ io del suo raggio resplendo,
sì, riguardando ne la luce etterna,
li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. 21
Gli spiriti (dei sapienti, danzando) tornano nello stesso punto di prima, ed ecco che poi si fissano, come candela nel candeliere. All’interno di quelle luci Dante ode ancora la voce dello stesso spirito di prima (Tommaso d’Aquino) che sorridendo e facendosi più luminoso dice: “Come io risplendo della Luce eterna, così guardando in Essa, intendo i tuoi pensieri…”

 

Giunto a questo punto del Paradiso, Dante non ha nemmeno la necessità di porre le domande per avere le risposte: gli spiriti che incontra leggono i suoi pensieri direttamente nella Luce divina che tutto conosce e illumina ed accrescono il loro splendore per la felicità di poter appagare la sua sete di conoscenza.
Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
in sì aperta e ’n sì distesa lingua
lo dicer mio, ch’al tuo sentir si sterna, 24

ove dinanzi dissi: "U’ ben s’impingua",
e là u’ dissi: "Non nacque il secondo";
e qui è uopo che ben si distingua. 27
“…Tu hai alcune perplessità e desideri che io chiarifichi alla tua comprensione le mie parole là dove ho detto ‘U’ ben s’impingua’(Par. X, v. 96) e ‘Non nacque il secondo’ (Par. X, v. 114); e qui è opportuno distinguere bene…”

 

Iniziamo ad esaminare dal nostro punto di vista interiorizzato la prima perplessità del Nostro che è trattata in questo canto: ‘U ben s’impingua se non si  vaneggia’(= dove ci si arricchisce spiritualmente  se non ci si lascia attrarre dalle vanità del mondo). Come è possibile che chi segue una regola come quella dell’ordine dei domenicani possa ‘vaneggiare’? Come è possibile che una persona spirituale che segue il proprio ‘Domenico (= del Signore) interiore’, cioè quella parte di sé che è rivolta proprio alle cose dello Spirito, possa disviarsi, ed essere distratto dalle cose mondane?
La provedenza, che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogne aspetto
creato è vinto pria che vada al fondo, 30

però che andasse ver’ lo suo diletto
la sposa di colui ch’ad alte grida
disposò
lei col sangue benedetto, 33

in sé sicura e anche a lui più fida,
due principi ordinò in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida. 36
“…La Provvidenza che governa il mondo con tale saggezza che la facoltà intellettiva umana non può comprendere del tutto, affinché la sposa (la Chiesa) andasse più sicura verso il suo sposo (Cristo) che ha dato il suo sangue per lei, ha inviato due principi (dal latino ‘primus’= primo e ‘capere’ = prendere; che prendono il primo posto), due grandi a guidarla (s. Francesco e s. Domenico)…”

 

La risposta che Tommaso d’Aquino (a cui avevamo nel canto precedente vv. 97-102, attribuito la Sephirah Hod, lo Splendore, la consapevolezza del Piano Divino), offre al Discepolo con la metafora della sposa (la Chiesa) che deve essere guidata  allo sposo (Cristo), ci riporta ai concetti cabalistici di Malkah (la Regina, la Sposa, la personalità) e Daath (il Re, lo Sposo, il Sé, l’Io Sono) che debbono celebrare le Nozze mistiche all’interno dell’Albero cabalistico. Perché tali Nozze avvengano la Sposa deve seguire le direttive di due principi inviati a lei dalla ‘Provvidenza divina’.
L’un fu tutto serafico in ardore;
l’altro per sapïenza in terra fue
di cherubica luce uno splendore.39

De l’un dirò, però che d’amendue
si dice l’un pregiando, qual ch’om prende,
perch’ ad un fine fur l’opere sue. 42
“…Uno fu per la carità ardente come un Serafino (dall’ebraico serafim = ardenti); l’altro per la sapienza splendente come un Cherubino (dall’ebraico na-car = conoscere e rob = abbondanza = onnisciente). Parlerò (intanto) di uno di loro, ma lodandone uno si lodano entrambi, perché le loro opere furono complementari…”

 

I due prìncipi (o meglio ‘princìpi’) che debbono guidare la personalità sono la Carità  serafica, ardente (Francesco) e la Sapienza cherubica, omnisciente (Domenico).
Intra Tupino e l'acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa d'alto monte pende, 45

onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo. 48
“…Tra il fiume Tupino (= Topino) e il fiume (Chiascio) che nasce dal monte (Ausciano) dove visse il beato Ubaldo (= ardito; vescovo di Gubbio dal 1129 al 1160), scende una costa da un alto monte (il Subasio) da cui Perugia (=passaggio, ma anche città del principe; esposta ai venti) riceve il caldo e il freddo dalla Porta del Sole; mentre dalla parte opposta Nocera (= città nuova) e Gualdo (= bosco) soffrono (per la troppa ombra)…”
Di questa costa, là dov’ ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo talvolta di Gange. 51

Però chi d’esso loco fa parole,
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Orïente, se proprio dir vuole.54
“…Da questa costa, là dove diventa piana, nacque (nel 1181) un ‘Sole’ (Francesco), come quello fisico fa talvolta dal Gange (= fiume sacro alla dea Ganga; nell’equinozio di primavera). Chi parla di questo luogo, non dica Ascesi (=Assisi, la città del falco; ma anche dal greco ‘askesis’ = esercizio spirituale), che direbbe poco, ma dica Oriente (= origine del sole)…”

 

La Carità ardente che deve guidare la Sposa nasce dall’Ascesi, dall’esercizio spirituale; essa deve essere considerata Oriente, cioè il punto da cui ha origine lo sviluppo del Sole, del Tiphereth, che dispensa poi l’energia a tutto l’Albero (v. commento al canto X, vv. 28-36). Tale Ascesi deve sorgere tra fiumi, deve essere ricca di acque, (non essere arida) ma ardita, (da Ubaldo), esposta ai venti (ricca di pensieri elevati) e boscosa, piena di alberi (bianchi).
Non era ancor molto lontan da l’orto,
ch’el cominciò a far sentir la terra
de la sua gran virtute alcun conforto; 57

ché per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra; 60

e dinanzi a la sua spirital corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l’amò più forte. 63
“…Ancora giovinetto, egli cominciò a far conoscere la sua virtù al mondo, si mise in contrasto col padre per una ‘donna’ (la Povertà) a cui nessuno, come alla morte, apre la porta; dinanzi al padre e alla curia episcopale si unì a lei e poi l’amò sempre di più (nel 1207 Francesco, pubblicamente rinunciò all’eredità e spogliatosi dei ricchi abiti, vestì di sacco)…”

Questa, privata del primo marito,
millecent’ anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito; 66

né valse udir che la trovò sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
colui ch’a tutto ’l mondo fé paura; 69

né valse esser costante né feroce,
sì che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce. 72
“…Questa donna, la Povertà, vedova del suo Sposo, il Cristo, è rimasta sola per più di 1100 anni disprezzata e ignorata da tutti; né si consolò del fatto che colui che tutti temevano (Cesare) la trovò con Amiclate (= dal greco ‘amiclis’ = il dolce, un pescatore poverissimo che non si turbò all’apparire del grande condottiero, episodio narrato da Lucano nella Farsalia V, 519 ss.); né le giovò essere fiera e costante tanto da salire con il Cristo (= Unto, Messia, Salvatore) sulla Croce, là dove nemmeno Maria (= l’amata) poté salire…”

 

 Per la numerologia il 1000 è il numero della Perfezione di Daath (999 è il numero dell’Agnello che si contrappone al 666, numero dell’Avversario (v. Apocalisse di Giovanni  cap. 13, v.18 e relativa interpretazione in www.taozen.it Testi sacri) e 100 il numero dell’Archetipo del Sole (Tiphereth, Bellezza): dopo Cristo, sulla terra fino alla venuta di Francesco, la Perfezione e la Bellezza della Povertà e dell’Umiltà sono mancate.

Povertà e Umiltà sono le due qualità che ornarono Francesco fin dalla giovinezza e in particolare Povertà viene considerata dal Nostro come la sua dolce (‘amiclis’) donna, quella stessa che ‘sola’ accompagnò il Salvatore sulla Croce; pertanto Povertà e Umiltà debbono essere gli ornamenti della Carità serafica (ardente) della personalità destinata alle Nozze Mistiche, ma prima deve esserci il passaggio salvifico sulla Croce, dove aspirazione al Divino (braccio verticale) e Servizio (braccio orizzontale) si uniscono equilibratamente e indissolubilmente…
Ma perch’ io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso. 75

La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi; 78

tanto che ’l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo. 81
“…Ma perché le mie parole non sembrino troppo oscure, intendi per questi amanti Francesco e Povertà. La loro concordia, armonia, felicità, amore e intesa erano motivo di pensieri santi; tanto che il venerabile Bernardo (= orso, simbolo di amore materno, valoroso, da Quintavalle 1170-1243?) ne seguì per primo l’esempio, con grande entusiasmo, pur sembrandogli di far poca cosa…”
Oh ignota ricchezza! oh ben ferace
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, sì la sposa piace. 84

Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava l’umile capestro. 87
“…O ricchezza sconosciuta, o bene fecondo! Seguirono il loro esempio Egidio (= scudo, protezione; 1190-1262) e Silvestro (= di bosco; morto nel 1240); tanto, dietro allo sposo, piacque la sposa. Quel padre e quel maestro (Francesco) con quella sposa e con quei fratelli si recò (a Roma dal papa per ottenere l’approvazione della regola)…”

 

Cerchiamo ora di approfondire il significato di Povertà (= dal latino ‘pau’ = poco e ‘parere’ = produrre) possiamo intenderla come ‘scarsa produzione di ego’; ricordiamo anche la prima delle beatitudini del ‘Discorso della montagna’ del vangelo di Matteo 5, 3: ‘Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei Cieli’. Se si produce poco ‘ego’ e si diventa coscienti della propria ‘povertà’, questo apre il cuore all’ignota  ricchezza, al ben ferace, alla Grazia, ai doni dello Spirito Santo; ed ecco allora che la Carità ardente serafica (Francesco), viene seguita dall’amore eroico  (Bernardo), dalla capacità di proteggere (Egidio) e dalla capacità di conoscere l’Albero (Silvestro).
Né li gravò viltà di cuor le ciglia
per esser fi’ di Pietro Bernardone,
né per parer dispetto a maraviglia; 90

ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religïone. 93
“…Egli non ebbe timore di palesare le sue umili origini, essendo figlio del mercante Pietro (roccia) Bernardone (=orso, simbolo di amore materno, grande e valoroso), né di apparire misero, povero fino alla meraviglia, ma regalmente mostrò la sua dura intenzione (da in-tendere), regola, ad Innocenzio  (= innocente; III, papa dal 1198 al 1216) e da lui ne ebbe una prima approvazione (solo orale)…”

 

La Carità serafica ardente (Francesco) non disdegna di provenire dall’amore eroico terreno (da Pietro Bernardone, la roccia,  Malkuth), né di mostrare la sua ‘povertà’ (il suo essere vuota, ricettiva, cioè coppa, Tiphereth), anzi ne va fiera e mostra la sua in-tensione  il suo ‘tendere verso’ l’Innocenza, la Purezza (assoluta), cioè Daath.
Poi che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe, 96

di seconda corona redimita
fu per Onorio da l’Etterno Spiro
la santa voglia d’esto archimandrita. 99
“…Cresciuti di numero i seguaci della Povertà, la voglia santa (la regola) di questo archimandrita (= dal greco ‘arkhimandritas’ = capo di gregge), la cui vita ammirevole si dovrebbe lodare a gloria del cielo, fu coronata dallo Spirito Santo, ed ebbe l’approvazione ufficiale della Chiesa per mezzo di Onorio (= onorabile; III, papa dal 1216 al 1226)…”

 

Allorché la Carità umana, che si è unita alla Povertà (alla perdita dell’ego), accresce il suo potenziale (gregge), nel percorso centrale dell’Albero: ‘Malkuth, (Yesod), Tiphereth, Daath’, lo Spirito Santo, l’Amore del Piano Spirituale Atzilutico , la ‘onora’ con la conoscenza della Sephirah prima tra i Tre ‘Superni’, cioè con la Conoscenza di Kether (la Corona).
E poi che, per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
predicò Cristo e li altri che ’l seguiro, 102

e per trovare a conversione acerba
troppo la gente e per non stare indarno,
redissi al frutto de l’italica erba, 105

nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno. 108
“… In seguito, per il desiderio del martirio si recò in oriente a predicare il Cristianesimo dinanzi al Soldan (dal caldeo ‘sholtan’ = potenza (Sultano d’Egitto, Malek al Kamil), ma non avendo ottenuto conversioni per la immaturità della gente, tornò in Italia e si stabilì tra il Tevero (= dall’etrusco –latino ‘teperi-tiberis’ = ricco di pietre) e l’Arno (= dall’accadico-semitico ‘aranu’ = arnia, vaso del miele; sul monte della Verna), e lì ricevette da Cristo il sigillo (= suggello, impronta finale): le stimmate (sulle mani, sui piedi e sul costato), le portò per due anni ( poi morì nel 1226)…”

 

 Come già detto in precedenza alla crescita del braccio verticale della Croce deve corrispondere l’espansione del braccio orizzontale del Servizio. La Carità serafica cerca di convertire il Soldano e la sua gente (le potenze dell’albero capovolto nel mondo), ma trovando ostacoli, ritorna nel suo ambiente per compiere il suo ‘dovere’ in Casa, nella terra dei due fiumi, dove è possibile operare sulle ‘pietre’ e dove già si trova il ‘miele’ (simbolo dell’oro). Le stimmate (= dal greco ‘stigma’ = marchio) del Cristo portate per 2 anni (2 è il numero relativo all’Archetipo della ‘Porta del Santuario’ v. in www.teatrometafisico.it la relativa lezione-spettacolo)  suggellano l’‘Opera’ della Carità francescana.
Quando a colui ch’a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch’el meritò nel suo farsi pusillo, 111

a’ frati suoi, sì com’ a giuste rede,
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che l’amassero a fede; 114

e del suo grembo l’anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara. 117
“…Quando fu chiamato a ricevere il premio della sua umiltà da Colui che l’aveva scelto per tali opere di bene, (Francesco) raccomandò ai frati suoi eredi, la sua donna più cara (la Povertà); comandò loro di esserle fedeli e l’anima sua eletta per il corpo non volle altra bara che la nuda terra…”

 

 

In Genesi 3, 19 è detto: ‘…polvere sei e in polvere tornerai’; sono le parole rivolte alla coppia Adamo-Eva dal Signore dopo la caduta. Francesco regalando il suo corpo alla ‘grande Madre Terra’ ubbidisce al Creatore  e così facendo esercita la sua qualità di ‘Carità serafica’ purificando col suo ‘ardore’ l’elemento più basso, la terra (il Malkuth) da dove inizia ogni risalita dell’Albero.
Pensa oramai qual fu colui che degno
collega fu a mantener la barca
di Pietro in alto mar per dritto segno; 120

e questo fu il nostro patrïarca;
per che qual segue lui, com’ el comanda,
discerner puoi che buone merce carca. 123
“…Ora puoi intendere anche il valore di colui (Domenico) che gli fu pari nel mantenere la barca di Pietro (la Chiesa) in alto mare nella giusta rotta; questo fu il nostro fondatore: chi lo segue nelle sue direttive, capisci bene, raccoglie meriti…”
Ma ’l suo pecuglio di nova vivanda
è fatto ghiotto, sì ch’esser non puote
che per diversi salti non si spanda; 126

e quanto le sue pecore remote
e vagabunde più da esso vanno,
più tornano a l’ovil di latte vòte. 129
“…Ma le sue pecore (i domenicani) sono diventati ghiotti di altro cibo (filosofie, studi profani, beni mondani) e vanno a pascolare lontano; e più lontano vanno (dai suoi insegnamenti) più diventano poveri di latte (di vera sapienza)…”
Ben son di quelle che temono ’l danno
e stringonsi al pastor; ma son sì poche,
che le cappe fornisce poco panno. 132

Or, se le mie parole non son fioche,
se la tua audïenza è stata attenta,
se ciò ch’è detto a la mente revoche, 135

in parte fia la tua voglia contenta,
perché vedrai la pianta onde si scheggia,
e vedra’ il corrègger che argomenta 138

"U’ ben s’impingua, se non si vaneggia"».
   

“…Ci sono anche domenicani fedeli al fondatore, ma sono così pochi che basta poco panno per vestirli. Ora se le mie parole sono state chiare, se sei stato attento, e se ricordi quello che ho detto, sarai soddisfatto della spiegazione del perché la pianta si scheggia (l’ordine  si corrompe) e capirai anche il significato della frase ‘U’ ben s’impingua, se non si vaneggia’ (dove ci si arricchisce nello spirito se non si va dietro alle vanità)”. 

 

Il Nostro con la spiegazione di Tommaso vuole mettere la nostra attenzione sul fatto che anche i migliori insegnamenti e i migliori propositi sono soggetti alla corruzione e al decadimento se non si rimane continuamente vigili e se non si avanza energicamente sul Sentiero della spiritualità. Non  progredire significa fermarsi o addirittura tornare

 



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