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		PARADISO - CANTO VII 
		 Interpretazione cabalistica di Franca 
		Vascellari
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		   «Osanna, sanctus Deus sabaòth,
 superillustrans claritate tua
 felices ignes horum malacòth!». 3
 
 Così, volgendosi a la nota sua,
 fu viso a me cantare essa sustanza,
 sopra la qual doppio lume s’addua; 6
 
 ed essa e l’altre mossero a sua 
		danza,
 e quasi velocissime 
		faville
 mi si velar di 
		sùbita distanza. 9
 “Osanna, Santo Dio delle schiere, che la 
		tua luce splendente illumini i beati fuochi di questi regni!” Così 
		sembra al Nostro che Giustiniano canti mentre danza, raggiante di doppia 
		luce insieme alle altre anime (del cielo di Mercurio) scomparendo alla 
		sua vista come faville in lontananza.
 Io dubitava e dicea ’Dille, dille!’
 fra me, ’dille’ dicea, ’a la mia donna
 che mi diseta con le dolci stille’. 12
 
 Ma quella reverenza che 
		s’indonna
 di tutto me, pur 
		per Be e per ice,
 mi 
		richinava come l’uom ch’assonna. 15
 Dante ha un dubbio e pensa tra sé: 
		‘Dovrei palesarlo alla Signora che placa la sete di sapere con le sue 
		dolci parole’. Ma quel timore reverenziale che lo prende al solo 
		pronunziarne il nome, gli fa chinare il capo senza fiatare, come uno che 
		sta per addormentarsi.
 Poco sofferse me cotal Beatrice
 
		e cominciò, raggiandomi d’un risotal, che nel foco faria l’uom felice: 18
 
 «Secondo mio infallibile avviso,
 come giusta vendetta giustamente
 punita fosse, t’ha in pensier miso; 21
 
 ma io ti solverò tosto la mente;
 e tu ascolta, ché le mie parole
 di gran sentenza ti faran presente. 24
 Ma 
		
		Beatrice lo lascia in 
		tale stato per poco tempo, (Beatrice, 
		colei che dona beatitudine non può certo tollerare nel suo ‘Fedele’ uno 
		stato di disagio, pertanto) illuminandolo di un sorriso tale che 
		renderebbe felice anche un uomo in mezzo al fuoco, gli dice: “Quello che 
		a mio parere ti fa dubitare è il fatto che una giusta vendetta sia 
		giustamente punita; ma io subito farò chiarezza nella tua mente; tu 
		ascolta, le mie parole ti elargiranno una grande verità…”
 Per non soffrire a la virtù che vole
 freno a suo prode, quell’ uom che non nacque,
 dannando sé, dannò tutta sua prole; 27
 
 onde l’umana specie inferma 
		giacque
 giù per secoli 
		molti in grande errore,
 fin ch’al Verbo di Dio discender piacque 30
 
 u’ la natura, che dal suo 
		fattore
 s’era allungata, 
		unì a sé in persona
 con 
		l’atto sol del suo etterno amore. 33
 “…(Adamo) l’uomo che non nacque (da 
		donna), per non sottomettersi a quella Virtù (il Padre, il Potere) che 
		volle limitare la sua volontà per il suo bene, perdendo se stesso ha 
		perduto tutti i suoi discendenti; per cui la specie umana è rimasta nel 
		peccato per molti secoli, fino a che il Verbo Divino (il Figlio, la 
		Sapienza) con un atto di Amore eterno ( dello Spirito Santo) non è sceso 
		sulla terra a unire la Sua Natura divina a quella umana allontanatasi 
		dal suo Creatore…”
 
		
		Come già detto altre volte, volendo 
		interiorizzare tutta la storia dell’umanità con la caduta e la 
		redenzione, dovremmo considerare noi stessi come Adamo ed Eva (la 
		personalità, la sephirah Malkuth) e la loro disobbedienza al Signore (la 
		nostra ribellione al nostro Sé Superiore, che facciamo corrispondere 
		alle Sephiroth 
		Chockmah, Binah e Daath ) 
		come una prova non superata per uscire dal situazione edenica divenuta 
		forse noiosa e ripetitiva. Noi ci siamo sempre chiesti che cosa ci 
		facesse il Serpente nel Giardino del Paradiso terrestre e solo 
		considerandolo come la nostra mente razionale riusciamo a giustificarne 
		la pericolosa presenza. Era lui, la nostra mente egoica che doveva 
		essere sottomessa, imbrigliata, contenuta nel suo ‘luogo’ (Geburah), ma 
		se siamo qui ancora sulla terra, a nutrirci continuamente del frutto 
		proibito, vuol dire che il nostro ego ci ha 
		convinti ad 
		ubbidire a lui piuttosto 
		che allo Spirito, rompendo i confini che erano poi i suoi limiti; perché 
		la caduta è stata proprio la rottura di questo ‘vaso’ (Geburah) che ha 
		provocato la fuoriuscita della preziosa energia (la divina Shekinah) che 
		ha quindi dilagato disordinatamente verso il basso (verso le sephiroth 
		inferiori) degenerando nell’albero nero dei vizi. Ma un tentativo non 
		riuscito non significa una disfatta. Un esame non superato non significa 
		un regresso irreparabile. 
		 Bisogna 
		provare 
		e riprovare fino a 
		riuscire. 
		 Per la 
		comprensione del mistero della riparazione attuata dal Cristo per la 
		colpa della caduta di Adamo v. in 
		
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		ns/ riduzione teatrale dell’Autosacramental 
		di Calderon de la Barca e relativa interpretazione cabalistica.Or drizza il viso a quel ch’or si ragiona:
 questa natura al suo fattore unita,
 qual fu creata, fu sincera e buona; 36
 
 ma per sé stessa pur fu ella 
		sbandita
 di paradiso, però 
		che si torse
 da via di 
		verità e da sua vita. 39
 “…Ora segui il ragionamento: la natura umana 
		allorché creata, unita al suo Creatore era sincera e buona, ma essa 
		stessa, allontanandosi dalla Vita e dalla Verità, si procurò la cacciata 
		dal Paradiso…”
 La pena dunque che la 
		croce porse
 s’a la natura 
		assunta si misura,
 nulla 
		già mai sì giustamente morse; 42
 
 e così nulla fu di tanta 
		ingiura,
 guardando a la 
		persona che sofferse,
 in 
		che era contratta tal natura. 45
 “…La crocifissione, (rapportata alla offesa 
		fatta alla Divinità) avendo il Cristo assunto la natura umana decaduta, 
		fu assolutamente giusta; mentre rispetto alla persona del Cristo che la 
		patì con la sua Natura Divina fu assolutamente ingiusta…”
 
		
		Però d’un atto uscir cose diverse:ch’a Dio e a’ Giudei piacque una morte;
 per lei tremò la terra e ’l ciel s’aperse. 48
 
 Non ti dee oramai parer più 
		forte,
 quando si dice che 
		giusta vendetta
 poscia 
		vengiata fu da giusta corte. 51
 “…Conseguenze diverse sono derivate da un unico atto: la morte 
		voluta dai Giudei fu gradita alla Divinità come redenzione (dell’offesa 
		infinita); ma per quella morte tremò la terra ed il cielo si aprì 
		(Matteo 27, 51: ‘Ed ecco il velo del Tempio si squarciò in due da cima a 
		fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono…’v. il relativo 
		commento in 
		
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		Testi sacri). Non ti devi quindi meravigliare se poi una giusta 
		punizione fu punita dalla Giustizia Divina…”
 
		Lo squarciarsi del ‘velo’ (paroketh) del 
		Tempio permette la risalita 
		della Shekinah sull’Albero; 
		‘da cima a fondo’ significa che tutti i ‘veli’ si aprono e che il Figlio 
		può tornare al Padre portando con Sé tutti coloro che da secoli 
		aspettavano la sua venuta (cioè tutte le esperienze positive del passato 
		o delle vite passate).   
		
		 Per 
		quanto riguarda ‘la distruzione di Gerusalemme’, quale giusta punizione 
		per la ‘Crocifissione del Cristo’ dobbiamo ricordare che in ogni 
		incarnazione l’Io Sono, il Sé, ci dà una possibilità di edificare la 
		nostra ‘Gerusalemme Celeste’, ma se l’occasione viene perduta, e il 
		tentativo non riesce, la nostra ‘Gerusalemme terrestre’, cioè la 
		personalità che non ha saputo accogliere il Redentore nel modo giusto, 
		viene distrutta, muore; allora ‘Israele’, il Principio Coscienziale che 
		permette di tentare di nuovo la scalata dell’Albero, è costretto ad 
		emigrare in un’altra terra straniera, per un successivo ulteriore 
		tentativo…Ma io veggi’ or la tua mente ristretta
 di pensiero in pensier dentro ad un nodo,
 del qual con gran disio solver s’aspetta. 54
 
 Tu dici: "Ben discerno ciò ch’i’ 
		odo;
 ma perché Dio 
		volesse, m’è occulto,
 a 
		nostra redenzion pur questo modo". 57
 “… Tuttavia ora io vedo che la tua 
		mente si macera pensando ad un altro 
		nodo 
		(= problema) dal quale vuole districarsi. Tu dici: ‘Capisco quello che 
		sento, ma non comprendo perché il Signore abbia voluto proprio questo 
		tipo di redenzione (la crocefissione del Cristo)’…”
 Questo decreto, frate, sta sepulto
 a li occhi di ciascuno il cui ingegno
 ne la fiamma d’amor non è adulto. 60
 
 Veramente, però ch’a questo 
		segno
 molto si mira e poco 
		si discerne,
 dirò perché 
		tal modo fu più degno. 63
 “…Questo mistero, fratello, 
		 non 
		è comprensibile a chi non intende l’Amore Divino. E poiché su questo 
		tema si parla molto ma si capisce poco, ti spiegherò perché 
		tal modo 
		fu il più giusto…”
 
		Nel simbolismo della Croce il braccio 
		verticale congiunge l’Alto (lo Spirito) con il basso (la materia) e il 
		braccio orizzontale si espande nel Servizio verso gli altri. Ma le 4 
		braccia della Croce rappresentano anche i 4 elementi Fuoco (Spirito), 
		aria (mente), acqua (sentimento) e terra (fisico) in dispersione e 
		allontanamento l’uno dall’altro; con l’altruistico ‘Sacrificio’ sulla 
		Croce della doppia natura 
		divina e umana si 
		recupera e realizza nel 
		‘centro’ (nel cuore della Croce, che è poi il Tiphereth dell’Albero 
		cabalistico), la totalità dell’Essere in Perfezione. Ma le 4 braccia 
		della Croce quando vengono riportate dall’ingiustizia alla Giustizia 
		(alla Perfezione del centro) 
		non possono che produrre 
		sofferenza. Inevitabilmente ciò che è stato dis-ordinato (e che ha 
		prodotto dolore) per poter essere riportato all’ordine deve subire 
		altrettanto dolore. Chiariamo
		con un esempio: se una 
		persona deve andare da un punto A ad un punto B e si incammina nella 
		direzione opposta, per raggiungere il punto B dovrà rifare all’indietro 
		prima di tutto il tratto percorso nella direzione sbagliata (quindi 
		sopportarne la fatica e il disagio) e poi dovrà sempre ancora percorrere 
		il tratto che dal punto A lo porta a B; però avrà il vantaggio di aver 
		fatto esperienza e forse in un successivo tratto di cammino da B a C 
		cercherà di non prendere la strada che va nel senso contrario...
 La divina bontà, che da sé 
		sperne
 ogne livore, 
		ardendo in sé, sfavilla
 sì 
		che dispiega le bellezze etterne. 66
 
 Ciò che da lei sanza mezzo 
		distilla
 non ha poi fine, 
		perché non si move
 la sua 
		imprenta quand’ ella sigilla. 69
 “… La Divina Bontà, che respinge tutto ciò 
		che non è Amore, ardendo in Sé, illumina tutte le eterne bellezze della 
		sua creazione. Ciò che da Lei promana è ugualmente eterno, perché su di 
		esso rimane il Suo sigillo…”
 Ciò che da essa sanza mezzo piove
 libero è tutto, perché non soggiace
 a la virtute de le cose nove. 72
 
 Più l’è conforme, e però più le 
		piace;
 ché l’ardor santo 
		ch’ogne cosa raggia,
 ne la 
		più somigliante è più vivace. 75
 “… Ciò che deriva dalla Divina Bontà è 
		completamente libero 
		(= non costretto) dagli influssi esterni. Più Le somiglia e più Le è 
		gradito, perché lo splendore che emana da ogni cosa è più forte in ciò 
		che più a Lei somiglia…”
 Di tutte queste dote s’avvantaggia
 l’umana creatura, e s’una manca,
 di sua nobilità convien che caggia. 78
 
 Solo il peccato è quel che la 
		disfranca
 e falla 
		dissimìle al sommo bene,
 per che del lume suo poco s’imbianca; 81
 
 e in sua dignità mai non rivene,
 se non rïempie, dove colpa vòta,
 contra mal dilettar con giuste pene. 84
 “…L’uomo di queste 
		
		doti 
		(
		= dal sanscrito 
		‘danam’= dono): libertà, immortalità, somiglianza alla Divinità 
		 (Genesi 
		1, 26: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...’), 
		trae vantaggio, ma se ne perde una, la sua nobiltà viene meno. Ed è 
		proprio il 
		peccato 
		(= dal latino ‘peccus’= difettoso nel piede, nel procedere) che lo 
		svilisce (lo rende schiavo delle passioni, facendogli perdere la 
		libertà) e lo rende differente dal Sommo Bene, perché perde la sua luce 
		e non torna alla 
		 nobiltà 
		se non riempie il vuoto lasciato dalla colpa con una riparazione che 
		recuperi la sua cattiva volontà…”
 
		Il termine 
		peccato 
		(= dal latino ‘peccus’= difettoso nel piede, nel 
		procedere) ci chiarisce il concetto di come va intrapreso il ‘percorso’ 
		sull’Albero: si deve guardare dove si mettono i piedi (i piedi sono 
		relativi alla sephirah Malkuth), badando a procedere nella direzione 
		giusta. Ovviamente questo significa prima di tutto sapere quale è la 
		mèta da raggiungere (conoscere lo scopo della vita) e poi imparare a 
		riconoscere con l’aiuto dei veri maestri (la Voce interiore dell’Io 
		Sono, e poi le persone oneste, gli esempi e i libri buoni, ecc.) i 
		percorsi più adatti a noi per raggiungerla; quindi, se possibile ancora 
		in giovane età, sempre facendo molta attenzione al Sentiero su cui si 
		mettono i ‘piedi’, occorre avviarsi decisamente, ma con oculata 
		prudenza, verso il punto di arrivo, senza 
		scoraggiarsi per le 
		inevitabili difficoltà e ostacoli che fanno parte di tutti i percorsi in 
		risalita.Vostra natura, quando peccò tota
 nel seme suo, da queste dignitadi,
 come di paradiso, fu remota; 87
 
 né ricovrar potiensi, se tu badi
 ben sottilmente, per alcuna via,
 sanza passar per un di questi guadi: 90
 
 o che Dio solo per sua cortesia
 dimesso avesse, o che l’uom per sé isso
 avesse sodisfatto a sua follia. 93
 “…La natura umana quando tutta 
		quanta peccò nel progenitore, perse le doti e il Paradiso e li avrebbe 
		potuto recuperare, se ci pensi con attenzione, solo in due modi: o con 
		il perdono per grazia del Signore o con la riparazione della sua folle 
		disobbedienza…”
 Ficca mo l’occhio per entro l’abisso
 de l’etterno consiglio, quanto puoi
 al mio parlar distrettamente fisso. 96
 
 Non potea l’uomo ne’ termini 
		suoi
 mai sodisfar, per non 
		potere ir giuso
 con 
		umiltate obedïendo poi, 99
 
 quanto disobediendo intese ir suso;
 e questa è la cagion per che l’uom fue
 da poter sodisfar per sé dischiuso. 102
 “…Ora poni attenzione alle mie 
		parole e scruta nella profondità della Legge divina. L’uomo con il suo 
		limite, anche obbedendo umilmente, non avrebbe mai potuto abbassarsi 
		tanto quanto si era arrogantemente innalzato con la disobbedienza, 
		quindi è escluso che potesse riparare da sé…”.
 
		L’energia di una sephirah dispersa in una 
		qelipah (il centro capovolto dell’albero nero) non può essere recuperata 
		se non con l’intervento di una Potenza di un piano superiore 
		(Atzilutico, spirituale) 
		 a 
		quello (Briatico, mentale) in cui si è degradata; da sola non può essere 
		capace di tornare indietro, essendo la sua virtù indebolita a favore del 
		vizio corrispondente. 
		  
		
		Dunque a Dio convenia con le vie sueriparar l’omo a sua intera vita,
 dico con l’una, o ver con amendue. 105
 
 Ma perché l’ovra tanto è più 
		gradita
 da l’operante, 
		quanto più appresenta
 de 
		la bontà del core ond’ ell’ è uscita, 108
 
 la divina bontà che ’l mondo 
		imprenta,
 di proceder per 
		tutte le sue vie,
 a 
		rilevarvi suso, fu contenta. 111
 “Era dunque necessario che il Signore 
		provvedesse alla reintegrazione dell’uomo con i Suoi mezzi (Grazia e 
		Giustizia), con uno o con 
		entrambi. Ma poiché l’opera 
		da chi la compie è più gradita quanto più dimostra la bontà del cuore da 
		cui nasce, ecco che la Bontà Divina che tutto di sé impregna, vi 
		riabilitò con entrambi i mezzi…”
 
		Nell’Albero cabalistico ci sono tre colonne 
		o pilastri, la colonna di destra attiva, detta della Misericordia (della 
		Grazia), del Padre, la 
		colonna di sinistra, 
		passiva, detta del Rigore (della Giustizia), della Madre, e la colonna 
		di centro dell’Equilibrio, del Figlio; la Bontà Divina inviando il 
		Figlio ha operato sia con la Grazia che con la Giustizia, perché Egli le 
		mantiene in equilibrio.Né tra l’ultima notte e ’l primo die
 sì alto o sì magnifico processo,
 o per l’una o per l’altra, fu o fie: 114
 
 ché più largo fu Dio a dar sé 
		stesso
 per far l’uom 
		sufficiente a rilevarsi,
 che s’elli avesse sol da sé dimesso; 117
 
 e tutti li altri modi erano 
		scarsi
 a la giustizia, se 
		’l Figliuol di Dio
 non 
		fosse umilïato ad incarnarsi. 120
 “…Tra il primo giorno (della Creazione) e 
		l’ultima notte (del Giudizio), non ci sarà mai un atto tanto alto e 
		magnifico come questo compiuto secondo Giustizia e Misericordia: ché 
		donando Se Stesso, il Signore fu assai più generoso che solo perdonando; 
		e se il Figlio di Dio non si fosse umiliato incarnandosi, qualunque 
		altra riparazione sarebbe stata ingiusta …”
 Or per empierti bene ogne disio,
 ritorno a dichiararti in alcun loco,
 perché tu veggi lì così com’ io. 123
 
 Tu dici: "Io veggio l’acqua, io 
		veggio il foco,
 l’aere e 
		la terra e tutte lor misture
 venire a corruzione, e durar poco; 126
 
 e queste cose pur furon 
		creature;
 per che, se ciò 
		ch’è detto è stato vero,
 esser dovrien da corruzion sicure". 129
 “…Ora per soddisfare ogni tuo 
		desiderio di chiarimenti, ritornerò su alcuni punti, per farteli 
		comprendere come li intendo io stessa. Tu dici: ‘Io vedo i quattro 
		elementi e i loro composti corrompersi e durare poco, eppure furono 
		creati (dal Signore) e, per quello che hai detto, dovrebbero essere 
		incorruttibili’…”
 
		
		Li angeli, frate, e ’l paese sinceronel qual tu se’, dir si posson creati,
 sì come sono, in loro essere intero; 132
 
 ma li alimenti che tu hai nomati
 e quelle cose che di lor si fanno
 da creata virtù sono informati. 135
 “…Fratello mio, gli angeli ed i cieli in 
		cui ora risiedi possono dirsi creati (dal Signore), ma gli elementi che 
		hai nominato e le cose derivate da essi sono formati dalle virtù create 
		(dalle Potenze angeliche)…”
 Creata fu la materia ch’elli hanno;
 creata fu la virtù informante
 in queste stelle che ’ntorno a lor vanno. 138
 
 L’anima d’ogne bruto e de le 
		piante
 di complession 
		potenzïata tira
 lo raggio 
		e ’l moto de le luci sante; 141
 
 ma vostra vita sanza mezzo spira
 la somma beninanza, e la innamora
 di sé sì che poi sempre la disira. 144
 “…La materia prima degli 
		elementi fu creata direttamente dal Signore e così pure la virtù 
		plasmatrice dei cieli che la circondano. La luce e il movimento delle 
		Potenze angeliche produce 
		l’anima degli animali e 
		delle piante, ma è il Sommo Bene che dona l’anima all’uomo e la fa 
		innamorare di Sé, così che poi aneli sempre a Lui…”
 E quinci puoi 
		argomentare ancora
 vostra 
		resurrezion, se tu ripensi
 come l’umana carne fessi allora 147
 
 che li primi parenti intrambo 
		fensi».
 
		“…Quindi puoi ben capire anche il mistero 
		della resurrezione (della carne) se ripensi alla creazione dei 
		progenitori (Genesi 1, 27: Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di 
		Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 
		- Genesi 2, 7: …allora il 
		Signore plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un 
		alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.” 
		
		 Da 
		ultimo 
		Beatrice 
		prevenendo un ulteriore quesito di Dante gli spiega 
		perché non tutto ciò che è stato creato è sicuro da 
		
		corruzione (= 
		alterazione e disgregazione): la spiegazione è semplice: non tutto ciò 
		che esiste è stato creato direttamente dal Signore; in particolare 
		l’anima sensitiva degli animali e quella vegetativa delle piante è opera 
		della luce e del movimento delle Potenze Angelichementre gli angeli, i cieli e 
		l’anima umana, sono Sua Opera diretta, vale a dire ‘appartengono’ al suo 
		Piano, quello dello Spirito, (Atzilutico). Poi il ricordo del modo con 
		cui Egli ha plasmato e reso vivente l’uomo dovrebbe rendere 
		comprensibile anche il mistero della ‘Resurrezione della carne’: la 
		personalità a cui il Sé, la Divinità, ha dato il Suo Respiro e la Sua 
		Vita, per questi Doni impareggiabili ricevuti, ha la possibilità, 
		facendo sua la Sua Volontà, di divenire tutt’Uno con Lui e nella 
		risalita dell’Albero, di trasmutare il suo ‘metallo vile’ in ‘oro’, cioè 
		anche la sua carne in Spirito.
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