PURGATORIO - CANTO VII


Interpretazione cabalistica di Franca Vascellari
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Poscia che l’accoglienze oneste e liete
furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse: "Voi, chi siete?". 3

"Anzi che a questo monte fosser volte
l’anime degne di salire a Dio,
fur l’ossa mie per Ottavian sepolte. 6

Io son 
Virgilio; e per null’altro rio
lo ciel perdei che per non aver fé".
Così rispuose allora il duca mio. 9
Dopo che Sordello e Virgilio si sono piu` volte abbracciati, Sordello, sciolto dall’abbraccio, chiede: “Voi chi siete?” E la Guida a lui: “Sono Virgilio, sepolto per volere di Ottaviano (nato dopo il settimo, che inizia un nuovo ciclo) prima che fosse possibile, per le anime degne, salire questo Monte. Ho perduto la possibilita` di conoscere il Cielo solo per mancanza di Fede”.
Qual è colui che cosa innanzi sé
sùbita vede ond’e’ si maraviglia,
che crede e non, dicendo "Ella è ... non è ...", 12

tal parve quelli; e poi chinò le ciglia,
e umilmente ritornò ver’ lui,
e abbracciòl là ’ve ’l minor s’appiglia. 15
Come colui che vede dinanzi a se` qualcosa che desta meraviglia e non crede (ai suoi occhi) e si chiede se la cosa sia o non sia reale, cosi` fa Sordello; poi, abbassato lo sguardo, umilmente torna da Virgilio e lo abbraccia inchinandosi.
"O gloria di Latin", disse, "per cui
mostrò ciò che potea la lingua nostra,
o pregio etterno del loco ond’io fui, 18

qual merito o qual grazia mi ti mostra?
S’io son d’udir le tue parole degno,
dimmi se vien d’inferno, e di qual chiostra". 21
E gli dice: “O gloria dei Latini ( dei grandi, da latus = ampio, grande) grazie a te la nostra lingua ha mostrato le sue potenzialita`; o onore sempiterno della mia citta` natale (Mantova), per quale miracolo mi e` concesso vederti? Se sono degno delle tue parole, dimmi se vieni dal mondo infero e da quale girone”.
"Per tutt’i cerchi del dolente regno",
rispuose lui, "son io di qua venuto;
virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno. 24

Non per far, ma per non fare ho perduto
a veder l’alto Sol che tu disiri
e che fu tardi per me conosciuto. 27
A lui Virgilio risponde: “Sono giunto qui attraverso tutti i cerchi del regno del dolore, mosso dalla Virtu` celeste e in sua grazia. Non per aver agito male, ma per non aver conosciuto il Bene (il Cristo) ho perduto la possibilita` di vedere il ‘Sole’ divino a cui tu aneli e di cui ho saputo troppo tardi…”
Luogo è là giù non tristo di martìri,
ma di tenebre solo, ove i lamenti
non suonan come guai, ma son sospiri. 30

Quivi sto io coi pargoli innocenti
dai denti morsi de la morte avante
che fosser da l’umana colpa essenti; 33

quivi sto io con quei che le tre sante
virtù non si vestiro, e sanza vizio
conobber l’altre e seguir tutte quante. 36

Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio
dà noi per che venir possiam più tosto
là dove purgatorio ha dritto inizio". 39

“…C’e` un luogo la` (nell’inferno) infelice non a causa dei tormenti, ma dell’oscurita`, dove i lamenti non sono grida di dolore, ma sospiri. Li` e` la mia dimora, con i fanciulli morti prima di essere mondati dal peccato originale. Li` sto con quelli che non hanno conosciuto le tre virtu` teologali (Fede, Speranza, Carita`) ma hanno seguito senza peccare, tutte le altre virtu`: le cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza) e le intellettuali (intelligenza, scienza, sapienza). Ma se tu lo sai e puoi dirlo, indicaci dove e` la salita vera e propria per il Monte Purgatorio”.
Rispuose: "Loco certo non c’è posto;
licito m’è andar suso e intorno;
per quanto ir posso, a guida mi t’accosto. 42

Ma vedi già come dichina il giorno,
e andar sù di notte non si puote;
però è buon pensar di bel soggiorno. 45

Anime sono a destra qua remote;
se mi consenti, io ti merrò ad esse,
e non sanza diletto ti fier note". 48
E Sordello cosi` risponde: “Non c’e` un posto determinato (per salire); a me e` permesso andare in su ed attorno e, per quanto posso, ti faccio da guida. Ma vedi che gia` termina il giorno, salire di notte non si puo`, conviene pensare ad un luogo adatto all’attesa. Qui a destra ci sono delle anime appartate; se me lo permetti, ti condurro` da loro, le conoscerai con piacere.

"Com’è ciò?", fu risposto. "Chi volesse
salir di notte, fora elli impedito
d’altrui, o non sarria ché non potesse?". 51

E ’l buon 
Sordello in terra fregò ’l dito,
dicendo: "Vedi? sola questa riga
non varcheresti dopo ’l sol partito: 54

non però ch’altra cosa desse briga,
che la notturna tenebra, ad ir suso;
quella col nonpoder la voglia intriga. 57

Ben si poria con lei tornare in giuso
e passeggiar la costa intorno errando,
mentre che l’orizzonte il dì tien chiuso". 60
E Virgilio a lui: “Che cosa dici? Chi volesse salire di notte sarebbe ostacolato da qualcuno o proprio non potrebbe salire (per mancanza di forze)?”  E il buon Sordello allora, tracciando una linea in terra col dito, gli dice: “Vedi? Dopo il tramonto del sole non potresti oltrepassare nemmeno questa riga: il solo ostacolo alla salita e` la tenebra notturna, che impedisce la volonta` dell’ascesa. Di notte si puo` solo ridiscendere e passeggiare intorno, fino al sorgere del sole.

Il sole fisico, datore di vita, come tutti sappiamo, e` il centro del sistema solare; e` essenziale per la vita del nostro pianeta e per noi tutti; nel regno minerale il sole e` rappresentato  dall’oro, incorruttibile ed inossidabile, ed in alchimia il raggiungimento  ‘dell’oro filosofico’, del Sole alchemico, permette la realizzazione della Grande Opera. Il Sole dantesco simboleggia la Grazia divina, la Luce spirituale, il Verbo creativo,  va da se` che senza di Esso ogni possibile purificazione e salvezza  e` impossibile. Nella Kabbalah esso e` omologato alla sephirah Tiphereth, cuore  dell’Albero cabalistico; l’esperienza spirituale legata al centro Solare e` quella della visione dell’armonia delle cose e dei Misteri della Crocifissione. Il centro Tiphereth e` chiamato anche Intelligenza Mediatrice per la sua funzione di collegare e moltiplicare gli influssi delle altre Sephiroth (cfr. ns/ commento Purgatorio canto VI, vv. 148-151)

Nella Bhagavad Gita canto VIII  a proposito della rinascita e` detto al v. 26: ‘…I due sentieri, l’oscuro (lunare, notturno) e il luminoso (solare, diurno), sono ritenuti gli eterni sentieri dell’universo; per l’uno (il solare) l’uomo va e non torna, per l’altro (il lunare) torna di nuovo’.  E` chiaramente consigliata la via ‘solare’ per non tornare e reintegrarsi…
Allora il mio segnor, quasi ammirando,
"Menane", disse, "dunque là ’ve dici
ch’aver si può diletto dimorando". 63

Poco allungati c’eravam di lici,
quand’io m’accorsi che ’l monte era scemo,
a guisa che i vallon li sceman quici. 66
Allora il Maestro, alquanto meravigliato, lo prega: “Guidaci la` dove dici che si puo` attendere piacevolmente”. Dopo un poco, andando, il Nostro nota che il monte forma una valle molto simile alle valli della terra.
"Colà", disse quell’ombra, "n’anderemo
dove la costa face di sé grembo;
e là il novo giorno attenderemo". 69

Tra erto e piano era un sentiero schembo,
che ne condusse in fianco de la lacca,
là dove più ch’a mezzo muore il lembo. 72
E Sordello dice: “ Arriveremo la` dove la costa forma un avvallamento e vi aspetteremo il nuovo giorno”. Un sentiero di traverso, che taglia obliquamente il pendio li conduce sul fianco di una valletta.
Oro e argento fine, cocco e biacca,
indaco, legno lucido e sereno,
fresco smeraldo in l’ora che si fiacca, 75

da l’erba e da li fior, dentr’a quel seno
posti, ciascun saria di color vinto,
come dal suo maggiore è vinto il meno. 78

Non avea pur natura ivi dipinto,
ma di soavità di mille odori
vi facea uno incognito e indistinto. 81
Oro e argento puro, rosso, bianco, indaco, ebano, celeste, e verde (come lo) smeraldo appena estratto e spezzato, sono tutti colori superati dai colori dell’erba e dei fiori di quella valletta, come il minore e` vinto dal maggiore. E la natura la` non soltanto li dipinge (uno per uno)  ma dalla dolcezza di mille colori e odori ne ricava uno sconosciuto ed originale.

Sognare di trovarsi una valletta ricca di prati verdi e fiori coloratissimi e` molto positivo; se il sogno e` ricorrente, vuol dire che si e` riusciti  a creare il ‘luogo’ in cui ricaricarsi di energie; la ‘valletta fiorita’ e` simbolo di rinnovamento e della possibilita` di iniziare  un nuovo modo di vivere; i diversi fiori conferiscono a chi li sogna le proprieta` peculiari dei fiori stessi e le  qualita` specifiche dei loro colori: oro= saggezza; argento= fantasia; rosso= azione e coraggio; bianco= purezza; indaco: potere di realizzazione; ebano: ricchezza; celeste: sincerita`; verde: speranza, ecc.. Quando non si puo` proseguire sul Sentiero iniziatico perché il momentaneo  oscuramento del nostro ‘Sole’ non lo permette, allora ci si dovrebbe riposare nella ‘valletta fiorita’; li` c’e` modo di incontrare i propri ‘prìncipi interiori’ quelli che, pur avendone la possibilita`, non hanno ancora fatto il loro dovere oppure non lo hanno fatto completamente. Potremo cosi` parlare con loro e sollecitarli all’azione. Per questo scopo sarebbe opportuno abituarsi a decidere di sognare la ‘valletta fiorita’ al mattino, poco prima del momento magico del risveglio per riuscire a ‘distillare’ il nostro personale incognito e indistinto profumo-colore…
Salve, Regina’ in sul verde e ’n su’ fiori
quindi seder cantando anime vidi,
che per la valle non parean di fuori. 84

"Prima che ’l poco sole omai s’annidi",
cominciò ’l Mantoan che ci avea vòlti,
"tra color non vogliate ch’io vi guidi. 87

Di questo balzo meglio li atti e ’ volti
conoscerete voi di tutti quanti,
che ne la lama giù tra essi accolti. 90
La` siedono sull’erba e tra i fiori cantando il ‘Salve, Regina’ anime che da fuori della valle non si vedono. Il Mantoan (Sordello) che ha fatto da guida ai Pellegrini, comincia a dire: “ Non chiedetemi di guidarvi fra costoro prima del tramonto. Da questa altura conoscerete i volti e gli atti di queste anime meglio che giu` in mezzo a loro …” 

Sordello (da una radice indoeuropea swer =sussurro) da Goito (= paese dei ‘Goti’ = da una radice celtica ‘geut’ = diffondere, spandere; = che diffonde sussurri - v. purgatorio canto VI, v. 74) suggerisce (sussurrandolo)  ai Pellegrini di non entrare subito nella ‘valletta fiorita’ ma di osservare i ‘prìncipi negligenti’ prima dall’esterno, mentre ancora c’e il sole. E` un’ottimo insegnamento: la tecnica di ‘osservare dall’esterno’ i propri ‘prìncipi negligenti’ quando ancora c’e` il Sole, significa  diventare ‘testimoni’  delle cause delle proprie azioni, dei propri sentimenti, dei propri pensieri;  tale  ‘testimonianza’ va compiuta nello stato di veglia e  poi introdotta nello stato di sonno cosciente, nella ‘valletta fiorita’.

Colui che più siede alto e fa sembianti
d’aver negletto ciò che far dovea,
e che non move bocca a li altrui canti, 93

Rodolfo imperador fu, che potea
sanar le piaghe c’ hanno Italia morta,
sì che tardi per altri si ricrea. 96
“…Quello che siede piu` in alto che sembra dispiaciuto per non aver fatto cio` che doveva e che non partecipa al canto, e` l’imperatore Rodolfo (= lupo glorioso; d’Asburgo 1273-1291) che avrebbe potuto sanare le piaghe che hanno rovinato l’Italia, cosicche`altri dovranno farla risorgere…”
L’altro che ne la vista lui conforta,
resse la terra dove l’acqua nasce
che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta: 99

Ottacchero ebbe nome, e ne le fasce
fu meglio assai che Vincislao suo figlio
barbuto, cui lussuria e ozio pasce. 102
“…L’altro che, a quel che pare, lo conforta e` Ottacchero (= Ottocaro= nato per ottavo ma prezioso; II) re della terra di Boemia (1253-1278) da dove nascono le acque che la Molta (= la Moldava= dal greco ‘mulda’ = fangosa) porta nell’Elba (= Albia = terra dai monti innevati) e l’Albia nel mare: meglio lui bambino del barbuto figlio Vincislao (= gloria della corona al bianco, disonore della corona al nero) dedito all’ozio e alla lussuria…”
E quel nasetto che stretto a consiglio
par con colui c’ ha sì benigno aspetto,
morì fuggendo e disfiorando il giglio: 105

guardate là come si batte il petto!
L’altro vedete c’ ha fatto a la guancia
de la sua palma, sospirando, letto. 108

Padre e suocero son del mal di Francia:
sanno la vita sua viziata e lorda,
e quindi viene il duol che sì li lancia. 111
“…E quello dal naso piccolo (Filippo III re di Francia 1270-1285), che sembra conferire con l’altro dall’aspetto benevolo (Enrico I, re di Navarra 1270-1274) e` morto fuggendo, disonorando la Francia: guardate come si batte il petto! E vedete l’altro che sospirando si tiene con la mano la guancia. Sono rispettivamente il padre e il suocero del mal di Francia (= terra libera al bianco, terra prigioniera al nero; Filippo IV, il Bello) Conoscono bene la sua vita di vizi e sconcezze, per questo sono cosi` afflitti…”
Quel che par sì membruto e che s’accorda,
cantando, con colui dal maschio naso,
d’ogne valor portò cinta la corda; 114

e se re dopo lui fosse rimaso
lo giovanetto che retro a lui siede,
ben andava il valor di vaso in vaso, 117

che non si puote dir de l’altre rede;
Iacomo e Federigo hanno i reami;
del retaggio miglior nessun possiede. 120

Rade volte risurge per li rami
l’umana probitate; e questo vole
quei che la dà, perché da lui si chiami. 123
“…Quello che appare tanto robusto (= Pietro III d’Aragona –1275-1285) e che cantando segue quello dal naso imponente (Carlo I d’Angio`, re di Napoli –1266-1285) e` stato ricco d’ogni virtu` e se il giovane che gli siede dietro fosse stato fatto re, la virtu` sarebbe giustamente passata da padre in figlio; che degli altri eredi non si puo` dire lo stesso: Iacomo (= protetto dal Signore al bianco, esposto al nero; II) e Federigo (= potente in pace al bianco, in guerra al nero; II) hanno il potere, ma non il meglio dell’eredita` paterna: la saggezza. Raramente la virtu` paterna si ritrova nei figli; perché il Signore vuole che si riconosca che deriva da Lui e non dai padri.
Anche al nasuto vanno mie parole
non men ch’a l’altro, Pier, che con lui canta,
onde Puglia e Proenza già si dole. 126

Tant’è del seme suo minor la pianta,
quanto, più che Beatrice e Margherita,
Costanza di marito ancor si vanta. 129
“…Le mie parole sono anche per il nasuto (Carlo I d’Angio`) e per l’altro, Pier (Pietro = roccia; III d’Aragona) che canta con lui, causa di sofferenza per la Puglia (= Apluvia = terra senza pioggia) e la Provenza (= provincia= legata, obbligata) regioni entrambe soggette al cattivo governo degli Angioini. I loro figli sono inferiori ai loro padri cosi` come Costanza, (moglie di Pietro III) puo` vantarsi di aver un miglior marito, rispetto alle due mogli Beatrice e Margherita (mogli di Carlo I d’Angio`)…”

Vedete il re de la semplice vita
seder là solo, Arrigo d’Inghilterra:
questi ha ne’ rami suoi migliore uscita. 132

Quel che più basso tra costor s’atterra,
guardando in suso, è Guiglielmo marchese,
per cui e Alessandria e la sua guerra 135

fa pianger Monferrato e Canavese".

“…Notate poi la` seduto da solo il re Arrigo (= Enrico= signore; III) d’Inghilterra (= terra degli Angli) costui avra` maggior successo con i discendenti. Quello che siede piu` in basso e guarda in su e` il marchese Guglielmo (= uomo di volonta`; VII, di Monferrato) per il quale la citta` di Alessandria (= citta` che protegge al bianco, che espone al nero) e la sua guerra fanno piangere Monferrato (= monte fertile, dal latino ‘mons ferax’) e Canavese (= terra presso l’acqua da can-aba)”.  (Guglielmo VII  fu imprigionato dai cittadini di Alessandria; i suoi eredi le mossero guerra e devastarono quelle regioni).

I ‘principi negligenti’ danteschi e le  citta` e i luoghi nominati ad essi relativi, forniscono un ennesimo Albero cabalistico di ‘potenze’ che  agiscono e si muovono con maggiore o minore ‘negligenza’ nel ‘servizio’ che avrebbero dovuto compiere nella loro posizione privilegiata. Dai vari nomi ricaviamo le loro attribuzioni cabalistiche: Rodolfo (= lupo glorioso) imperador: Chesed; Ottacchero (= Otto-caro = nato per ottavo, ma prezioso): Hod, della terra della Molda (= fangosa) che infanga Albia (la terra bianca): Malkuth; Vincislao (= gloria o disonore  della corona): Chesed; Iacomo (= esposto dal Signore): Geburah: Federigo(= potente in guerra): Geburah; Pier (= roccia): Malkuth; Puglia (= Apluvia = terra senza pioggia): Malkuth; Proenza (= provincia= legata, obbligata): Malkuth; Beatrice (= che da` gioia): Tiphereth; Margherita (= perla): Yesod; Costanza (= tenace): Geburah; Arrigo (= Enrico = signore): Chesed; Guiglielmo (= di volonta`): Geburah; Alessandria (= che protegge): Geburah; Monferrato (= monte fertile): Malkuth; Canavese (= terra presso l’acqua) Malkuth. Notiamo in questo  alberetto dantesco una notevole preponderanza di Geburah e di Malkuth, molti Chesed, totale assenza di Netzach e poco delle rimanenti sephiroth. E` indubbio che questi ‘pricipi negligenti’ anche se pentiti vanno rettificati ed riequilibrati.



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