Capitolo 2

 

"Proviamo a immaginare un sospensione del tempo quotidiano: non più né passato né  futuro. Nulla più che incombe: chiudendo i conti della settimana trascorsa e imponendosi di non pensare a quella che viene, non ci resta più nulla da fare. Per questa ragione, nel settimo giorno abita soltanto il presente, la coscienza di essere vivi" (Lawrence Kushner  - Il Libro delle parole ebraiche - ECIG - pag 103).

Il Sabato (Shabbat) è un ritorno al Principio, al riposo assoluto che ha preceduto la creazione. Quando leggendo la Torah ci vengono in mente pensieri come questo, tutto il nostro essere è costretto a superare i suoi limiti, perché nessun intelletto, nessuna immaginazione sono in grado di giungere fino a tale assoluto riposo. Ecco allora che nasce in noi totale stupore, che come un nuovo senso ci nutre di fervore, accendendo in noi quei particolari fuochi capaci di cancellare ogni appiglio alla realtà quotidiana, alla 'realtà' fantastica, a quella immaginativa. E' stata certamente una sensazione simile a questa a spingere Kushner a scrivere quel suo pensiero sul Sabato con cui abbiamo aperto questo secondo capitolo.  Il Sabato diviene un Nulla, un Silenzio, un Solco di Terra già arato ma non seminato; diviene un'Attesa, un Koan, Comunione Assoluta fra Voce e Silenzio. E' una festa che basta a se stessa, un'antica canzone che il Vecchio Artigiano  si auto bisbiglia.

Il Sabato è quel magico momento in cui il ricercatore si  gode la propria fatica: è passato da un caos totale e tenebroso ad un primo ordine interiore che gli consente di vedere le cose per quello che sono: parti di una sola Unità Emanativa.  E' veramente un momento in cui il presente presente ad  ogni istante vede se stesso come creatore di quella traiettoria che è il passato e di quell'altra che sarà il futuro. Il mondo viene osservato per la prima volta come un insieme di numeri e misure, di armonie, di complesse e insospettate simbiosi. Ogni cosa occupa il posto che le spetta, ogni evento è la risultante di tutto ciò che "traiettoriamente" è passato. Alla luce di questa considerazione di ordine macrocosmico, egli per la prima volta osserva se stesso e constata  che tutto ciò che è stato è  la sola e possibile scala che poteva condurlo là dove sta, all'ingresso del Tempio.  Il Sabato è un passaggio, una porta; è un amico fidato che aspetta con te; è l'attimo prima del tuono e del lampo, è un nunzio di pioggia. Il Sabato è il legame fra il Cielo e la Terra, un "dar da mangiare ai silenzi". Ed i silenzi sono una terra senza erbe e senza cespugli, perché "il Signore Iddio non ha ancora fatto piovere". Prima che Egli creasse l'uomo a sua immagine, nascose la Vita nell'acqua, poi la mandò giù come pioggia, e infine la chiamò a sé col  fuoco del sole. E' proprio quello che accade: piove, la vita scende e si nasconde nella terra, la quale a primavera, ai richiami del fuoco solare esplode nel verde di tutti i vegetali, nel sangue di tutti gli animali, nel cuore e nella mente degli uomini. E'  quel Mercurio che gli alchimisti hanno tenuto nascosto per secoli, quella Vita che il Maestro Gesù diceva di essere, quel Chi, quel prana dalla doppia natura. Essa è infinita e penetra ogni cosa nutrendola. Ed ogni essere (animale, minerale o vegetale) ha all'interno di se una sorta di vuoto in cui possa riecheggiare la Voce creativa mai spenta che spinga su il germoglio dell'anima. I fiori hanno i profumi, i frutti, i sapori; le pietre, i colori; gli uomini, le preghiere, quei canti che come una scala riportano su quel soffio che Iddio alitò nelle loro narici, quella vita privilegiata che poteva attraverso un corpo vedere se stessa in ogni cosa (l'uomo al cospetto di Dio). " Poi il Signore Iddio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato". Era ricco di ogni sorta di alberi "tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male".   E' come se Dio avesse dato all'uomo i primi due simboli, i primi due numeri: l'uno e il due. Il cuore del giardino è l'uno, è Dio-Adamo; la periferia di esso è il due, Dio e Adamo. Riconoscersi in Dio  è  rimanere in vita, è mangiare i frutti dell'albero della vita, vuol dire essere. Riconoscere Dio è morire, non essere in Lui. Quel serpente di cui ci occuperemo  più in là, in ultima analisi potrebbe essere lo stesso tronco dell'albero della conoscenza del bene e del male. Tronco che striscia sotto terra sotto forma di radici e che oramai dimentico delle sue origini terrestri per il corpo e celesti  per il soffio è convinto di essere sé. Quell'albero è la possibilità che l'uomo ha di ascoltare la voce della menzogna: la singolarità, nell'universo non può esistere. Solo Uno  è singolo, basta vedere in tutta la serie dei numeri che lo seguono, sue frazioni, un po' come quei famosi schemi che fanno comprendere le note musicali: sopra c'è l'intero, poi subito sotto due metà, poi quattro quarti, e così via. La vita stessa ce lo dice: ogni seme produce secondo la sua specie…e le infinite famiglie di ogni specie sono frutto di un solo seme.  "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti". E non è forse morire vivere per sé? Non è morire considerarsi altro dalla Vita Infinita, dal Cristo che permea l'intero universo?  Non è morire mangiare il frutto della menzogna? L'ego è la grande illusione, è quella figura allo specchio che capovolge le cose e crea un mondo al rovescio; è l'irreale spazio che lo specchio offre al vero essere. Non sentire più l'entusiasmo della Vita che canta in ogni cosa, è essere morti. L'egoista è un drogato che crede di essere dio, ma è solo un io, un fantasma di specchio, un riflesso che affonda le mani nel fango del nulla; è un fantasma che s'aggira di notte che fa della luna il suo sole; è un cortile deserto, un fiore di carta, un ramo che ha perso il suo tronco, un tronco che ignora radici, radici che odiano la terra e che vorrebbero nutrirsi di puzzolenti resti organici senza affidarli alla compassione e alla saggezza di madre terra-natura. L'egoista è chi gioca a dividere il mondo, chi odia la vita, chi non sa amare, perché freddo come la superficie di uno specchio di ghiaccio.  Grazie. Nat



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