Capitolo 4

 

Prima di occuparci del quarto capitolo sarà bene fare il punto sui primi tre.  "In principio Dio creò il cielo e la terra".  E' la prima coppia  creata da Elohim, una sorta di Maschile e di Femminile, di Yang e di Yin ancora inattivi, poiché "Lo spirito di Dio si librava sulla superficie delle acque". Queste acque misteriose mi hanno sempre affascinato e le ho sempre pensate come  una speciedi   fluido cosmico, di "miele" cosmico (l'Amore Divino) non ancora increspato dalla vibrazione del Fiat Lux. Adamo ed Eva sono la seconda coppia creata da Dio, e loro peculiarità è che sono ad immagine e somiglianda del loro Creatore. La terza coppia l'ha nascosta in un frutto, quello dell'albero posto al centro dell'Eden, l'albero della conoscenza del bene e del male. A questo punto fa la sua comparsa il serpente "la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio", ed il resto è cosa nota: tentazione, caduta, cacciata dal Paradiso terrestre e Cherubini per custodire l'Albero della Vita. Da questo momento comincia la storia dell'uomo che ha "perso" l'immagine e la somiglianza col Divino, e Adamo ed Eva danno vita alla prima coppia di uomo vestito di pelle: Caino e Abele, uno lavoratore del suolo, l'altro pastore di greggi. Da ora in avanti l'uomo penserà una cosa sola, riconquistare il paradiso perduto, cioé la Presenza Divina. Qui Mosé ci dà una prima indicazione: quando offrite doni a Dio, la vostra offerta deve essere viva. Abele   offrendo primogeniti del suo gregge ed il loro grasso, sacrifica 'cose' viventi  che hanno un particolare profumo (grasso), mentre Caino, offrendo frutti del suolo, offre "cose" inanimate e senza vita. Difatto il Signore gradì Abele e la sua offerta e non gradì Caino. Quali sono i caratteri di una offerta viva? Innanzitutto deve esser vivo l'offerente, cioè consapevole di stare liberando attraverso il sacrificio di sé una parte di quell'amore che costituisce la sua essenza ultima. Solo l'Amore unisce, fa di due uno, tutti gli altri legami sono solo lega-menti…L'amore realizza l'unione. Ora, se "la creazione è il sacrificio di Dio non solo perché Dio la porta all'esistenza, la crea,  ma le permette anche di ritornare a lui" (Raimon Panikkar - I Veda  Mantramanjari - Bur - Vol. I  pag 474,475):  il sacrificio ed il culto sono la strada perché l'esistenza ritorni al Divino. Col sacrificio si mette in moto un culto d'Amore. "Egli infatti ha decretato il suo ritorno. Ora, riconoscere un'esistenza che restauri se stessa con il proprio atto significa conferire ad essa immortalità. Gli atti sacrificali, dunque, hanno la funzione di finalizzare questa sorta di scambio. Il culto è la via all'immortalità" (idem), E' necessario che l'esempio di Abele sia chiaro a tutti: egli, sacrificando primogeniti del suo gregge, è sceso nelle profondità del sacrificio laddove il sacrificato, il sacrificare e il sacrificante sono uno. Solo così possiamo accettare la sua morte per mano di Caino: essa diviene simbolo della sua totale donazione, con la sua morte si intende sottolineare che quell'Abele, colui che ha sacrificato al Signore è morto, e che un altro prenderà il suo posto, Set che assicurerà la discendenza al posto di Abele.  Ma chi è Caino? E' il fratello di Abele, ma è anche il fratello archetipico, l'altro uomo in una umanità che vede ancora solo quattro membri. Scatta la prima maledizione di Dio per colui che sparge al suolo il sangue del suo fratello: " Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello" . La Vita è un dono prezioso, e l'uomo dovrebbe passare il tempo che gli è concesso per celebrarLa, per cantarla, per sentirla in ogni essere, sia esso una pietra, una pianta, un animale, un sole… Purtroppo l'uomo del nostro tempo (io e tutti voi) manca di profondità, si è quasi ridotto a due dimensioni. Sposando la materialità è diventato superficiale e senza Dio, e siccome Iddio è Vita, è come morto, perché rinnega la sua stessa essenza, la sua origine. La Vita non è un attributo di un corpo, ma uno sconfinato oceano d'Amore che lega in un tutt'Uno le diecimila apparenti esistenze individuali. "Non esiste celebrazione senza ricorrenza. Ciò che si celebra è ciò che continua ad accadere…" ci dice lo stesso autore prima citato (pag.38). L'uomo dovrebbe celebrare questa Vita perché essa accade continuamente al disopra di uno spazio-tempo che tocca solo l'effimero ma prezioso tempio di essa.

"La sola cosa in grado di soffocare il potere celebrativo dell'uomo è la superficialità le cui cause possono essere numerose, ma il cui rimedio veramente efficace è uno solo: la contemplazione, l'amore puro o, in termini tradizionali, una vita di preghiera" (idem pag. 39).

Grazie. Nat



Indietro