ALADDIN
(Azzardi interpretativi di Maurizio)

 

C’è una Sura del Corano, la XXIV, detta “Sura della Luce”, che al  versetto 35 recita:

“Allah è la luce dei cieli e della terra. La Sua luce è come quella di una nicchia in cui si trova una lampada, la lampada è in un cristallo, il cristallo è come un astro brillante; il suo combustibile viene da un albero benedetto, un olivo né orientale né occidentale, il cui olio sembra illuminare senza neppure essere toccato dal fuoco. Luce su luce. Allah guida verso la Sua luce chi vuole Lui e propone agli uomini metafore. Allah è onnisciente.”

1.      Questo splendido passo, intriso della religiosità e della mentalità islamiche, sembra ben accordarsi con il meraviglioso e immaginifico ciclo di fiabe delle “Mille e una notte” e particolarmente con la storia della “Lampada di Aladino”. La lampada citata nel Corano è in un ‘nicchia’, nascosta all’interno della luce divina. Quella di Aladino è in una caverna, un luogo segreto e inaccessibile pieno di tesori. Il luogo segreto, la caverna, la nicchia, sono chiaramente metafore per il mondo interiore, per il ‘cuore’ e l’intimo di ognuno. Nell’intimo ci sono molti tesori, conoscenze e poteri, tali da sollecitare il desiderio di possesso di chiunque. Ma il tesoro più grande è una piccola lampada, apparentemente senza nessun valore, come sempre avviene per le cose più preziose. Se la piccola lampada può anche solo in parte identificarsi con quella del Corano, allora se ne comprende l’immenso pregio: da essa si sprigiona la luce più vera, in essa c’è un ‘olio’ ricavato da un Albero che trascende la dualità (Oriente e Occidente, interno ed esterno, esoterismo ed exoterismo), un combustibile che anche senza bruciare emana luminosità, cioè Coscienza, Illuminazione. E il ‘Genio’? Cosa rappresenta in quest’ottica? Costituisce anche lui il ‘contenuto’ della lampada, quindi in un certo senso incarna in una forma animata l’’olio’, l’essenza, la sostanza ricavata dall’Ulivo (l’Albero, la crescita, il progresso evolutivo) che sta al di là degli opposti. Sostanzialmente egli è energia potenziale, potere individuale che ardendo, cioè trasmutandosi, produce la fiamma di una consapevolezza superiore. Essendo ‘potere’ può esaudire i desideri; ma il desiderio suo proprio è la libertà. Da questo punto di vista egli – proprio in quanto potere ed energia – può rappresentare il desiderare stesso nel senso più ampio: ciò che muove ogni individualità. L’aspirazione più profonda di ogni essere vivente, inoltre, l’abbiamo ricordato tante volte, è quella verso la Liberazione.

2.      Aladino è un giovane ladruncolo, uno ‘scugnizzo’ in versione islamica, intelligente, scaltro, ma anche leale e generoso, disposto al sacrificio di sé; però è socialmente un reietto, un emarginato, un umile. Il Vizir, al contrario, è in una posizione sociale molto elevata, vive al vertice rispettato e facoltoso della città reale; egli è padrone di conoscenze segrete, dei misteri della magia, ma – al contempo – non è un puro di cuore. Aladino, nel suo profondo, desidera l’Amore, la fusione, il trascendimento di sé: vuole crescere, divenire ‘principe’ di sé stesso. Il Vizir Jafar vuole invece il potere dell’io, in fondo il suo desiderio più grande è quello di essere potente come il Genio della lampada. Questo fa si che egli non possa utilizzare la lampada nella sua vera funzione: quella di condurre all’Illuminazione. Aladino ha invece i requisiti che a lui mancano e senza di cui, pur avendo la conoscenza dell’esistenza del potere della lampada e della sua dislocazione, non può appropriarsene. Alla fine Jafar e Aladino saranno tutt’e due accontentati: il giovane diverrà un vero principe e sposerà la figlia del Sultano, il mago verrà imprigionato dal suo stesso impulso egoico nella lampada, al posto del Genio. Ma il Genio prigioniero è anche un potenziale animico non ancora trasmutato e, per ciò stesso, chiuso nell’Athanòr in attesa di potersi manifestare e, alla fine, liberare. Jafar possiede la conoscenza, ma per arrivare all’Illuminazione deve ‘cuocere’, maturare nel crogiuolo dell’intimo, del cuore; dopo di che dovrà imparare a servire, come ha fatto il Genio prima di lui. Poi, infine, anche a lui sarà offerta la possibilità di essere liberato.

3.      Questo Genio della lampada, in fondo, è una Kundalini in versione islamica: attende dormiente di potersi attivare, di risalire lungo la colonna vertebrale (l’Albero“né orientale né occidentale”), di sprigionarsi illuminando il chakra dai mille petali, il Sahasrara. Nel risalire realizza tre desideri che, simbolicamente, possono essere relativi ai tre centri principali – i tre ‘campi di cinabro’ del taoismo – del corpo ‘fisico’, ‘astrale’ e ‘mentale’: il Manipura, l’Anahata e l’Ajna chakra (ombelico, cuore, ‘terzo occhio’). Non può invece resuscitare i morti, indurre l’amore, uccidere. Perché? Probabilmente perché i suoi poteri di vita, amore e morte non sono ‘esterni’, cioè possono riguardare soltanto il possessore della lampada, il suo intimo. Infatti Aladino li usa per diventare principe (possesso delle facoltà energetiche del piano fisico), per essere salvato dalle acque (distacco dal piano ‘astrale’) e per affrancare il Genio stesso (liberazione delle facoltà mentali).

4.      Nella storia di Aladino, come anche più in generale nei racconti delle “Mille e una notte”, un posto speciale spetta al tappeto volante. E’ una specie di ‘deus-ex-machina’, un espediente atto a risolvere situazioni critiche, punti di passaggio, salti di livello. Di che cosa si tratta? In primo luogo dobbiamo notare che un tappeto è un tipo di tessuto importante nei paesi arabi, possiede un ordito e una trama, cioè una struttura complessa, e presenta un disegno che – a tutti gli effetti – ha l’aspetto di un màndala. Un màndala, generalmente, descrive una visione globalizzante della vita, dell’universo, della totalità dell’esistente o di un particolare stato di coscienza. Esso è un simbolo e, in quanto tale, è perfettamente collegabile alla frase coranica prima citata: “Allah guida verso la Sua luce chi vuole Lui e propone agli uomini metafore.” Le ‘metafore’ - che ci sembra qui possibile identificare con i ‘simboli’ - sono gli aiuti che il divino conferisce per guidarlo verso la ‘Sua luce’ all’uomo che si dimostra pronto (‘chi vuole Lui’). Questi ‘tappeti volanti’ sono dunque ‘simboli’, ‘metafore’ del divino, visioni ulteriori, realizzazioni spirituali che sostengono sul cammino dell’autoconoscenza. Riallacciandoci a questi concetti concludiamo proprio con una possibile raffigurazione del tappeto-màndala della storia di Aladino.

 

 



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