AMLETO
(Interpretazione esoterica di Natale Missale)

 

“La poesia fonda la sua potenza sulla compressione…L’immagine poetica comprime in un’istantanea un momento particolare caratteristico di un insieme più vasto, catturandone la profondità, la complessità, il senso e l’importanza”.
(James Hillman – La forza del carattere – Adelphi)

 

In questo capolavoro, William Shakespeare riesce a toccare i toni più alti della sua sublime poesia. Ogni parola, ogni frase é pregna del disperato tentativo di farci comprendere le assurde profondità delle passioni umane.  Avendo conosciute le proprie, ricco perciò delle scoperte fatte negli abissi della sua interiorità,  non può fare a meno di colorare le sue parole di un’immensa tristezza, perché da un lato ritiene la discesa agli inferi una necessità per la conoscenza di se stessi; dall’altro, sa benissimo che non basta osservare i “draghi” per vincerli, ma bisogna riconoscerli quali proprie creature. Per ogni passione  c’è un limite da non oltrepassare; se si va oltre, la tragedia è inevitabile.
Se Tizio desidera una cosa con tutte le sue forze, prima si adirerà contro qualunque ostacolo si frapporrà fra lui ed essa, e poi, da quell’ira scaturirà l’odio ed il conseguente desiderio di eliminare la pietra d’inciampo.
“Nell’uomo che di continuo pensa agli oggetti dei sensi sorge l’attrazione per essi; dall’attrazione è prodotto il desiderio e dal desiderio insoddisfatto nasce l’ira. Dall’ira procede la mancanza di discernimento; dalla mancanza di discernimento la confusione della memoria; dalla confusione della memoria la perdita del raziocinio e dalla perdita del raziocinio l’uomo è rovinato” (Bhagavad Gita – Canto II, versetti  62, 63 )
Tuttavia,  se da un lato, rimuovere le passioni può risultare pericoloso, dall’altro, spingerle al massimo può causare danni ancora  più gravi. La prima parte di questa nostra affermazione trova conferma nelle parole di Jung:
“Un uomo che non è passato attraverso l’inferno delle passioni non le ha mai superate; esse continuano a dimorare nella casa vicina, in qualsiasi momento può guizzarne una fiamma che può dar fuoco alla sua stessa casa. Se rinunciamo a troppe cose, se ce le lasciamo indietro, e quasi le dimentichiamo, c’è il pericolo che ciò a cui abbiamo rinunciato o che ci siamo lasciati dietro le spalle, ritorni con raddoppiata violenza” ( Ricordi, sogni,  riflessioni di C.G.Jung – Rizzoli); mentre la seconda parte verrà confermata dalla tragedia che stiamo commentando.  A tal proposito, non ci stancheremo mai di ripeterlo: odio=morte,  amore=vita. L’odio è un sentimento suicida, perché avvelena l’animo dell’odiante, lo intossica e lo rende simile al leggendario basilisco, il cui sguardo uccide:  esso procura morte  a se stessi e agli altri.

Fare di Amleto “un prototipo della inquietudine e della frenesia moderne”  (Shakespeare – I giganti – Mondadori), o il simbolo del dubbio ( “essere o non essere “…) come vorrebbe la tradizione, ci pare molto riduttivo. Né possiamo vedere in lui solamente il maestro della vendetta.
La tragedia ha la sua sorgente in un solo punto. Come un fiume, essa, dapprima piccola, viene alimentata dall’insana ambizione e dalla lussuria di Claudio ( zio di Amleto), che pur d’avere la corona e la cognata, non esita ad uccidere  il fratello ( padre di Amleto),  versandogli cicuta nell’orecchio mentre dorme in giardino. Le debolezze di Gertrude, la regina, madre di Amleto; la voglia di vendetta nata nel principe allorché il fantasma di suo padre gli svela le circostanze della sua morte; la follia e la successiva morte di Ofelia; la morte di Polonio, padre di lei (ciambellano); l’odio di Laerte (fratello di Ofelia) per Amleto;  tutti questi, sono emissari, figli, emanazioni della follia di Claudio, della sua insana ambizione: l’odio si autoalimenta generando altro odio che usa come combustibile; esso è come un terribile e insaziabile nulla che avanza ( vedi La storia infinita di M. Hende, là dove il nulla distruggeva l’immaginazione) e distrugge quanto di bello e buono esiste; esso è geneticamente distruttivo, corrosivo, avvelenante, contagiante, ma sarà sempre seppellito dalla mano pietosa dell’Amore. Nella tragedia, il solo personaggio positivo, Orazio, amico fraterno di Amleto, stenderà un velo pietoso sull’immane tragedia.

Quando il fiume, per le abbondanti piogge, lascia il suo letto, non ha più regole, diviene imprevedibile e distruttivo non per sua volontà. Ognuno di noi é simile ad un fiume, col suo bravo letto,  ed i suoi robusti argini. Quando in noi nasce una passione incontenibile, é come se venisse giù un diluvio d’acqua: lo straripamento sarà inevitabile.
Domanda: cosa può scongiurare la piena?
Riprendendo il paragone, la prima cosa da fare é dragare il fondo costantemente. Esso deve essere profondo, deve poter accogliere possibili diluvi passionali. Dragare il fondo vuol dire scendere nei sotterranei dell’anima (per dirla con Carotenuto) e “far pulizia”, cioé riconoscere le proprie melme e “tirarle sù”, “ fuori”. Dopo occorre irrobustire gli argini ed innalzare i ponti. L’irrobustimento si ottiene padroneggiando di volta in volta le passioni, osservandole spietatamente, stemperandole con l’acqua della consapevolezza e  dell’attenzione costante. Innalzare i ponti, vuol dire far in modo che le acque scorrano al di qua di noi stessi, permettendo a tutto ciò che fiume non é, di rimanere asciutto e vitale, incontaminato.
La passione é un cavallo da domare, e l’unico modo per farlo é cavalcarlo, conoscerlo, resistergli mentre lo si addomestica: vivere una passione consapevolmente vuol dire ammansirla.
Quando non si é in grado, con questi soli mezzi, di padroneggiarla, allora occorre “crearsi” una “protezione civile”. Essa consiste in tutti gli accorgimenti adottati tutte le volte che una passione ci ha portato ai limiti della piena,  in tutte le esperienze che ci hanno fatto evitare il peggio di volta in volta; é pertanto un piccolo esercito di esperienze, che bisognerà allertare all’occorrenza.
Un’ultima cosa: è necessario che nelle nostre acque non vengano scaricati rifiuti di ogni genere. Innanzitutto per veder meglio attraverso il liquido, e poi per evitare che essi, alleandosi con i rifiuti nostri, innalzino il fondo del letto.
Il cibo per l’anima dev’essere buono. Libri, spettacoli teatrali, films, discorsi, paesaggi, ecc. devono essere detergenti e non inquinanti.
Insomma, per evitare le piene, non basta alzare lo sguado al cielo e pregare che non piova!

Grazie Nat



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