Mahabharata
(Parte Prima)

 

 

Nel momento in cui, attraverso i sensi, il corpo vuole legare l’anima alla terra definitivamente, nell’istante in cui le passioni dichiarano apertamente di voler governare sull’anima, nel momento in cui lo Spirito si rende conto di non poter illuminare un individuo, perche’ l’anima attraverso cui potrebbe farlo e’ soffocata, allora nasce il germe di una guerra che verra’ combattuta all’ultimo sangue fra il "cielo" (i Pandava figli degli Dei) e la "terra" ( i Kaurava figli della terra). Ma perche’ la vittoria sia sicura, occorre che l’anima, dapprima si spogli di ogni attaccamento, poi si nutra di saggezza, ed infine si procuri le armi adatte allo scontro. Ed accoci all’esilio nella foresta. Mentre l’odio di Amba per Bishma sembra alimentare quello di Duryodhana per i cugini, i figli di Pandu, durante il loro esilio, ricercano le armi sacre. Arjuna lascia i fratelli, sale sulle montagne, e da Shiva in persona riceve la piu’ potente arma esistente, Pasupata. Con essa puo’  distruggere il mondo; la puo’ scagliare con l’arco, con gli occhi, con le parole, coi pensieri, ma una volta scoccata non puo’ piu’ richiamarla indietro. La perdita temporanea della virilita’ sembra una sorta di prezzo che Arjuna dovra’ pagare  per l’ottenuta invincibilita’, una sorta di castita’ forzata. Dal canto suo, Yudhisthira dara’ prova della sua assoluta saggezza rispondendo a tutte le questioni poste dal lago-Darma suo padre. Bhima, grazie ad un figlio avuto dalla demone  Hidimbi, rafforza le potenzialita’ del gruppo, cosa che Draupadi riesce a fare evitando di contaminarsi col fratello del re Virata. Le componenti dell’anima sono ora pronte: Yudhisthira e’ ora padrone di se’, non perde piu’ al gioco e riesce ad  essere veggente descrivendo il Kali-yuga; Bhima e’ piu’ forte; Arjuna possiede Pasupata; Draupadi cementa sempre piu’ il gruppo .
Qui occorre aprire una piccola parentesi per sottolineare come in questo poema si parli di uomini partoriti da vergini e concepiti per interventi divini, di salvati dalle acque, di carri volanti e tuonanti, di Dio incarnato, di diluvi, apocalissi,  richieste di sacrifici di figli maggiori; episodi tutti che ritroveremo in altre tradizioni religiose. Ma torniamo al racconto.
Anche Karna e’ riuscito ad avvicinarsi all’arma Pasupata, ma non l’ha cercata in alto come ha fatto Arjuna, bensi nella foresta, per cui sara’ "cancellata" dal tempo come tutte le cose terrestri: nel momento cruciale della battaglia non riuscira’ a ricordarla. Lui, figlio del sole e fratello maggiore dei Pandava, accecato dal tormento dell’abbandono, quando sapra' d’essere un re chiedera’ a Krisna di non svelare la sua identita’, perche’ a quello dell’abbandono ha aggiunto il tormento  del rifiuto da parte dei fratelli: non hanno saputo vedere in lui la sua forza ed il suo splendore. A questo punto non resta  altro da fare che incontrarsi per stabilire le regole della battaglia, visto che gli schieramenti sono pronti con da un lato i Pandava con Krisna auriga di Arjuna, dall’altro i Kaurava con Bishma e Drona (Karna potra’ scendere in campo solo dopo la morte di Bishma). Il carro guidato da Krisna passa fra i due eserciti contrapposti, ma appena Arjuna vede tutti i suoi parenti fra le schiere nemiche, preso dallo sconforto lascia cadere a terra  arco e frecce e si rifiuta di combattere. Siamo giunti al cuore del poema, l’oro del Mahabharata: la BHAGAVAD GITA. Tali 18 canti sono un compendio, una sintesi, una paradossale ma pacifica convivenza di tutte le filosofie indiane di quel tempo, ma piu’ che da leggere, il Canto del Beato e’ da…"fare". Si’ perche’ le istruzioni che Krisna da’ ad Arjuna prima della "guerra santa", quella che ognuno di noi deve combattere contro le proprie cattive tendenze frutto dell’ignoranza, sono chiare e dirette alle piu’ disparate mentalita’. Bene hanno fatto Carriere e Brook a darne solo un cenno, mostrando per Essa il massimo rispetto: "…non volevamo farle violenza, ma lasciarla intatta,  per permettere a tutti quelli, e non sono molti, che sono veramente interessati al suo insegnamento di andarlo a cercare…l’insegnamento deve essere nascosto ma non troppo, quanto basta a proteggerlo, affinche’ chi voglia trovarlo lo  trovi senza la minima difficolta’, e chi non e’ interessato non lo trovi affatto." (Vito di Bernardi — Mahabharata — Bulzoni editore). Dopo aver ascoltato la Gita, Arjuna, vinta la propria ignoranza, da’ il segnale per l’inizio della battaglia.



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