TIMONE D' ATENE
INTERPRETAZIONE DI NATALE

 

 

Questo dramma può esser "osservato" da due punti di vista. Uno è quello della prodigalità, l'altro quello dell'ingratitudine. Timone è un ateniese che scialacqua il suo patrimonio in banchetti e regali, ed alla fine, quando tutti i suoi creditori (che altri non sono che gli amici che sedevano con lui a tavola e ricevevano costosi regali) presentano il conto, egli non ha più un soldo. Dal punto di vista della prodigalità, le maledizioni che Timone scaglia contro il mondo intero e soprattutto contro i suoi amici di un tempo e gli ateniesi in particolare, non hanno alcun senso. Mentre dall'ottica dell'ingratitudine, esse possono essere, se non giustificate, capite.  Timone è una persona generosa, che però non riesce a porre dei limiti alla sua generosità. La sua è una forma d'amore per il prossimo un po' esagerata, una forma d'amicizia che non conosce prudenza. Possiamo capire questo strano personaggio da quanto dice nella scena seconda del primo atto a Ventidio (uno che Timone ha tratto fuori dal carcere pagando di tasca sua), che vorrebbe restituire i talenti che gli hanno fatto riavere la libertà: "Hai frainteso la natura del mio affetto. Ho sempre donato per mia libera elezione, e nessuno può veramente credere di aver dato se poi riceva quel che ha dato di ritorno" (Timone d'Atene - Bur, traduzione G. Baldini - pag. 53). Subito dopo, allorché tutti i convitati si alzano e ossequiosamente guardano a Timone con fare cerimonioso, egli li "pizzica" con queste parole: "Ebbene, signori, le cerimonie sono state inventate primamente solo per dare un poco di doratura ad azioni insignificanti, a vuote accoglienze e false cortesie, …. Ma dove si trova la vera amicizia, che bisogno c'è di tutto questo? Sedete dunque, o amici, voi siete benvenuti alle mie fortune…" (op. cit. pag 53-55). Timone è tutto in questi passaggi. La sua generosità, il suo amore per gli amici, la sua amicizia per essi è illimitata. Egli ama stare in compagnia e crede che quanto lui pensa dell' amicizia,  dell'amore e della generosità sia cosa comune. E' convinto, insomma, che tutto il mondo pensi come lui. Ma si accorgerà nel momento del bisogno che così non é. Non riesce a crederci: nessuno, fra quelli che riteneva amici, muove un dito per salvarlo dal fallimento. Uno solo mostra generosità: un suo servo fedele e riconoscente, Siniscalco, disposto a spartire con lui i pochi suoi denari ed a servirlo per sempre. Timone esplode: comincia a scagliare maledizioni a destra e a manca; prende ad odiare l'intero genere umano. Dobbiamo confessare che tale suo atteggiamento ci è sembrato molto esagerato. Va bene l'amicizia, va bene l'amore per il prossimo, va bene la generosità, ma perché questo "strano" ateniese non riesce a vedere la causa delle sue disgrazie nella sua prodigalità, nella sua imprudenza?  Perché maledice il mondo intero a causa della falsità, della ipocrisia, della ingratitudine dell'uomo, piuttosto che maledire la sua ignoranza di esso?  Timone sembra essere privo della funzione della ragione. Egli è mosso esclusivamente dalla sfera dei sentimenti, e ciò fa di lui una persona poco equilibrata. E qui bisogna aprire una parentesi, perché Timone d'Atene sembra essere il capostipite di tante, tantissime persone, che in questo mondo sembrano saltellare su una sola gamba. Ci riferiamo a tutti quelli che, anziché usare la ragione, si muovono al ritmo imposto dai soli sentimenti, divenendo così manipolabili dai molti furbi che sanno accenderli a dovere e sanno bene dove condurli. L'imperante nichilismo di questa fetta di tempo che ci tocca vivere ha dilagato anche per questo. Pochissimi usano la loro testa, la ragione. Pochi ormai sono in possesso di quel minimo di senso critico produttore di buon senso. Ed ecco come in ogni campo, pochi decidono quel che le masse devono fare. Tutto questo è stato possibile perché tutti i valori sono stati cancellati da pseudo maestri predicatori del nulla, della noia, del disprezzo. Sono stati imposti modelli di vita che un modesto buon senso dovrebbe rigettare senza esitazioni. E' stato attribuito valore, con opportune e furbesche dorature, al vile metallo. La saggezza non conta più nulla: un insulto, una menzogna,  la possono stendere in un attimo. Strane "confraternite" dettano il la e migliaia di giovani accordano il loro strumento emotivo-mentale. I branchi crescono, il nulla avanza, e la gran massa di nichilisti diventa la prova della bontà del nichilismo. Ci batteremo contro i predicatori del niente con tutte le forze. Che i giovani stiano lontani dai branchi. Mai abdicare alla propria ragione: il branco non pensa, non  valuta, non analizza, non giudica, non pesa, non sintetizza. Il branco è istinto animalesco.  Lo stare insieme deve presuppore una scelta ponderata, attenta. I giovani devono stare insieme, ma per crescere in ogni direzione imparando dalla diversità. Oggi moltissimi giovani sembrano copie di uno stesso individuo. Vestono allo steso modo, pensano allo stesso modo, attribuiscono valore alle stesse cose, parlano allo stesso modo, giudicano allo stesso modo. Per tanti falsi maestri è facile far leva sul sentimento, sulla malleabilità, sulla ribellione dei giovani: basta creare la giusta atmosfera di esaltazione collettiva, lanciare il messaggio, e marchiarli tutti (come tante pecorelle) con lo stesso marchio. Al diavolo la mente: perché pensare? C'è il mio scrittore preferito che pensa per me; c'è il regista che amo, il giornalista, l'attore, il cantante, il politico, il giocatore, il guru, ecc. - che pensano per me. Pensare è inutile: tutto è già stato pensato! Per favore, non limitiamoci alla sola funzione sentimento come Timone d'Atene, perché un bel giorno potremmo svegliarci "falliti", pieni di debiti nei confronti del mondo intero. Le abbuffate di ogni tipo devono pure starci, ma non tutti i giorni; le amicizie devono essere coltivate, ma gli amici scegliamoli bene; donare è giusto e sacrosanto; la generosità è d'obbligo. Ma spendere tutte le nostre energie nella direzione imposta dalla sola sfera sentimentale, non usare più la ragione, è da folli. A nulla varranno le maledizioni scagliate al mondo intero nel momento in cui dovessimo svegliarci dal letargo mentale. Chi è causa del suo male pianga se stesso, dice l'antico adagio. Timone non è da imitare, ma da studiare. Grazie alla sua storia possiamo migliorarci facendo tesoro dei suoi errori. Non possiamo condividere l'odio che mostra verso tutti. Le sue maledizioni non le possiamo giustificare. A questo proposito comincia a farsi strada in noi la convinzione che, grazie alla sua opera, Shakespeare abbia dato vita alla più intensa autoanalisi della storia: attraverso i suoi innumerevoli personaggi è riuscito a tradurre i suoi vizi e le sue virtù in poesia eterna. Quando Timone maledice non dimentichiamo che è il nostro geniale drammaturgo a maledire, e quando qualche altro personaggio benedice è sempre lui a farlo. Shakespeare è riuscito, col suo teatro, a trasmutare in oro ogni vile suo metallo interiore, e ciò ha potuto fare perché era in possesso dell'oro: la saggezza. Ha vinto se stesso, sconfiggendosi in tantissimi personaggi. Ma come una fenice, dalle ceneri di essi, ha sempre spiccato il volo la più alta poesia che l'umanità abbia mai prodotto.

Nonostante tutto, noi siamo ottimisti. La saggezza, passati i venti della follia collettiva caratterizzata dalla passione per il niente (!), come una fenice rinascerà dalle ceneri dell'anarchia. Allora l'oro filosofale tornerà a risplendere, e tutti i vili metalli rientreranno nei loro naturali confini di perfettibilità e trasmutabilità. Non sarà più tutto oro quello che luccica, e i pataccari saranno roba d'altri tempi. I valori di sempre torneranno al loro posto non più umiliati dai falsi dei. La Natura ristabilirà le sue eterne leggi. Ma soprattutto, il politico verrà ridimensionato, e gli sarà tolta di dosso quella patina, quella doratura spray che gli faceva credere di esser filosofo, dalle prime pioggie di buon senso.  Molti nichilisti, dopo l'elezione a Papa di Benedetto XVI, si sono scagliati contro quel gran teologo e gran filosofo che è Joseph Ratzinger: il nulla, davanti alla forza del pensiero ha paura, trema come il diavolo davanti all'innocenza. L'innocenza è la forza spirituale di questo Papa, siamo certi sconfiggerà il niente, perché la follia, a nostro parere, ha già toccato il fondo. Occorre solo risalire la china piano piano, senza lasciarsi andare a maledizioni Timonesche. Come è accaduto a Timone accadrà a noi: i senatori  del mondo si renderanno conto d'aver sbagliato nei confronti dell'innocenza, correranno alle porte della saggezza, busseranno e dichiareranno d'avere errato. E l'Alcibiate di turno, colui che nel dramma voleva distruggere Atene, rinfodererà la spada e ripristinerà il    b u o n     s e n s o.  Hanno ridotto l'uomo, da una "canna pensante" che era, ad un vuoto bambù. Ridiamo forza alla     R A G I O N E.

Grazie, Nat.

 

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