| Il Nichilismo da Nietzsche a.....   
		"Quando i nichilisti utilizzano a loro piacere le 
		espressioni, le affermazioni e le posizioni estreme di Nietzsche, è 
		possibile intravvedere, nonostante la più grande distanza dall'essenza 
		del suo pensiero, un'affinità che giunge fino all'identità, ma che è 
		appunto solo apparente e si basa su formulazioni meramente esteriori. La 
		profondità di ciò che è possibile, insita nella tendenza nietzschiana 
		alla negazione, 
		può portare nel nichilismo a mascherare il 
		nulla nell'entusiasmo del nulla…" (Karl Jaspers - Nietzsche - Mursia ed. pag. 407)       
		Affrontare il tema del Nichilismo senza 
		parlare di Nietzsche è impossibile. Ma quando si decide di entrare nel 
		giardino filosofico di tale grande pensatore non bisogna mai dimenticare 
		che la sua filosofia non è cosa pensata ma cosa vissuta in prima 
		persona:"Io 
		parlo solo di cose che ho vissuto e non di cose semplicemente 
		pensate" 
		(riportato da Jaspers a pag. 6 op. cit.), e che la sua opera è talmente 
		zeppa di contraddizioni da far dire a Jaspers: "Sembra che egli abbia su 
		tutto due opinioni…E' così che, di volta in volta, hanno potuto 
		richiamarsi a Nietzsche atei e credenti, conservatori e rivoluzionari, 
		socialisti e individualisti, scienziati metodici e ferventi ammiratori, 
		uomini politici e apolitici, il libero pensatore e il fanatico" (pag. 29 
		op. cit), ma molti pensatori di 
		oggi sembrano aver dimenticato questa 
		importantissima affermazione. Nietzsche, non dimentichiamolo mai, era un 
		solitario, una sorta di asceta e di mistico. Egli ha scavato in ogni 
		angolo riposto della sua interiorità e da tale discesa nella propria 
		miniera ha tratto numerosissimi "minerali". Era un vulcano di 
		intuizioni, tanto da dichiarare apertamente di non essere capace di 
		organizzare il suo pensiero in un tutto organico. Solo gli aforismi gli 
		permettevano di stare a passo coi suoi pensieri esplodenti: fatto il 
		piano di un'opera con le sue divisioni e sottodivisioni, subito doveva 
		seguire nuovi pensieri.Per quanto sopra detto, se oggi il grande filosofo tedesco potesse 
		leggere quanto scritto sul Nichilismo dai cosiddetti filosofi 
		contemporanei, siamo sicuri che si farebbe delle matte risate. Il suo 
		superuomo era innanzitutto un ricercatore, vorremmo quasi dire un 
		alchimista, e non un pensatore; doveva personalmente vivere le cose 
		dette e non farsi 
		discepolo di quanto altri avessero detto. Nietzsche odiava gli 
		imitatori, gli uomini da poco e chi non metteva in gioco tutto se 
		stesso:"I 
		maiali e gli esaltati non irrompano nei miei giardini" 
		(riportato da Jaspers a pag. 38 op. cit.). Il superuomo di Nietzsche 
		doveva esser capace di andare oltre se stesso. Il suo pensiero è stato 
		spesso frainteso, perché la maggior parte dei suoi "discepoli" non 
		graditi, esponendosi alle forti vibrazioni della sua parola poetica 
		fortemente dionisiaca, tuffandosi nella sua bruciante poesia carica di
		
		fuende, hanno lasciato vibrare solo le 
		parti più superficiali di sé, mentre Nietzsche si era proposto di 
		scuotere i suoi lettori fin dentro alle ossa e di provocare una 
		personale messa in moto, la sola valida per indurre al "viaggio" un 
		ricercatore lungo i sentieri della vera filosofia. La ricerca della 
		verità è affare personale, soggettivo, perché ognuno ha un proprio mondo 
		in cui ordina le cose e fa muovere i 'suoi' personaggi nei modi escusivi 
		della propria individualità. Perdere questa maschera di individualità 
		non è facile, scoprire che il proprio "io" è una millenaria bugia e 
		ritrovarsi di colpo privo di identità, avere finalmente dato risposta 
		alla più pungente delle domande: 
		chi sono io? 
		e scoprire 
		come Qoelet di essere, dal punto di vista 
		egoico, una vanità e una nullità assolute per poi rivestire i panni di 
		un profeta (Zarathustra) che cerca di fotografare tale notte buia 
		dell'anima, deve essere un'esperienza tremenda da cui in qualunque modo 
		si cerca di scappare. Nietzsche non è fuggito: si è tuffato in questo 
		vuoto assoluto, in questo nulla annichilente, e si è messo a cantare. 
		Sì, la sua opera è un canto di protesta, di lotta, di guerra mossa 
		contro un nemico schiacciante, ed il suo andare è stato un pellegrinare 
		per i sentieri dell'anima in cerca di quella porta che sai che c'è ma 
		non sai dov'è e che ti può far andare oltre. Tutta la filosofia di 
		Nietzsche è un disperato tentativo di superamento del vuoto, del niente, 
		del nichilismo scoperto e combattuto.
 Oggi purtroppo dobbiamo constatare come pensatori che pure ammiriamo per 
		la profondità di spirito 
		siano stati 
		contagiati dall' 
		entusiasmo del nulla, 
		ed anziché combattere il drago hanno cominciato a 
		portargli un assurdo rispetto come ad un dio. Ed ancora purtroppo, 
		milioni di giovani si sono uniti in preghiera, ed invece di superare 
		eventuali valori vecchi hanno preso a distruggerli senza preoccuparsi di 
		sostituirli con altri. Il nulla è stato alimentato dall'inconscienza, 
		dalla miopia, dall'ignoranza. Quando l'atleta nella corsa ad ostacoli 
		supera l'ostacolo che gli si presenta in pista, non lo fa a pezzi con la 
		motosega, né lo brucia, lo scavalca semplicemente; quando un bambino ed 
		una bambina smettono rispettivamente 
		di giocare con la pistola ad acqua o con la 
		bambola non si fermano lì per secoli a dire: era tutta un'illusione - 
		vanno oltre, studieranno, prenderanno moglie o marito, procreeranno, 
		lavoreranno, ecc. Molti nostri pensatori moderni hanno dato ad intendere 
		ai nostri giovani 
		 che l'ultima verità 
		è stata scoperta (il nulla che sta dietro ad ogni cosa) e che pertanto 
		tutto è vano, inutile, senza scopo, senza fine. E allora buttiamo a mare 
		tutte le regole (tanto non servono a niente) qualunque cosa si faccia in 
		questa vita non serve a niente, quindi viviamola giocando. E sia, 
		diciamo noi, 
		ma non vi pare che anche il più idiota dei giochi 
		abbia bisogno di regole? Come si fa 
		a giocare senza regole? E non è forse il divertimento un fine? Come 
		vedete, a voler, controvoglia, 
		essere nichilisti c'è sempre un filo di 
		speranza. E invece no, dirà il sapiente nichilista: il bello di questo 
		gioco al massacro è quello di non avere regole. E noi gli rispondiamo 
		subito: un gioco senza regole chiude ogni giocatore nella più disperata 
		delle solitudini perché egli può giocare soltanto da solo, cioè col 
		nulla. La cosa più logica per un nichilista dovrebbe essere il suicidio, 
		ma nessuno di questi grandi imitatori di Nietzsche si è tolto da torno: 
		si può sempre parlare di Nietzsche e brillare un po' di luce riflessa, 
		sfruttando magari l'editoria per fare qualche euro e tirare a campare.
 Non è certo questo il caso di quel grande pensatore che è Galimberti, 
		ma, vogliamo dirlo quasi a bassa voce per il rispetto che portiamo a 
		questo studioso, del suo ultimo libro qualcosina ci ha lasciato 
		insoddisfatti, e più in là ne parleremo.
 Il nichilismo odierno è un grande bluff 
		perché è sporca imitazione di quello di Nietzsche. Questi parla 
		esclusivamente del suo nulla, del suo vuoto, del suo nichilismo. Se 
		tutti i nostri nichilisti da strapazzo odierni fossero veri nichilisti 
		avrebbero prodotto il loro Zaratustra. Dove sono gli Zaratustra di 
		questi "impostori"? Le loro opere ci sembrano modeste fotocopie dello 
		Sarathustra 
		nietzschiano. I loro 
		voluminosi studi altro non sono che approssimativi commenti e apologie 
		dell'opera del filosofo tedesco. La bugia bimillenaria (Platone si 
		sarebbe inventata l'anima e la metafisica) è una scoperta che riguarda 
		escusivamente il mondo di Nietzsche. Noi, le bollicine feroci della 
		bevanda nietzschiana (nonostante apprezziamo il pensatore e il poeta) 
		non le sniffiamo, non vogliamo proprio farci "drogare" dal Dioniso che 
		in esse impazza con furia devastante, non perché vogliamo soffocare gli 
		istinti, ma perché vogliamo che ad essi sia riservata quella razione di 
		cibo che ne mantenga l'esistenza per superare speciali ostacoli che la 
		natura e la collettività degli enti (noi compresi) spesso ci pone 
		innanzi. Noi sposiamo al 100% la tesi di Thomas Mann: "Chi prende 'sul 
		serio' Nietzsche, chi lo prende alla lettera e gli crede, è perduto" 
		(Citato da Franco Volpi nella postfazione al 
		Nietzsche
		di Martin Heidegger nell'ediz. Adelphi, 
		pag. 972). Sposare il mondo di un altro è pericolosissimo: a lungo 
		andare ci si scorda di ragionare e di 
		sentire
		col proprio cuore, ci si dimentica di 
		mettere in moto i propri istinti. Vi può essere coincidenza fra quello 
		che pensi tu e quello che pensa un altro, mai abdicazione alla propria 
		volontà per vedere con gli occhi di un altro, mai.. L'imperante 
		Nichilismo del nostro tempo non è figlio di Nietzsche, ma dell' 
		incapacità dei moderni filosofi di superare un pensiero morto con la 
		morte del suo ideatore. Al filosoo tedesco abbiamo dedicato un saggio 
		dal titolo 
		Nietzsche - il pensiero vivente, 
		sì, ma quella era un'apologia dell'uomo capace di 
		dedicare tutta la sua vita alla ricerca della verità ed allo sforzo di 
		comunicare i suoi profondi pensieri alla ciurma travestita da filosofo. 
		Ma non solo questi discepoli del nulla hanno smesso di pensare, hanno 
		anche istigato milioni di giovani al non pensiero. Ma anche nichilisti 
		doc, grandi pensatori, hanno espresso esagerato compiacimento per il 
		nulla. Non possiamo non cogliere accenti di compiacimento in pensieri 
		come questi: 1) 
		Il pensiero che si mantiene libero, al di fuori di 
		questa dominazione ("la dominazione del 
		nulla sull'intero sviluppo della nostra civiltà") 
		non può 
		non scendere 
		nella profonda grandezza dei maestri del 
		nulla (sottolineatura nostra: vedi 
		E. Severino - Il nulla e la poesia - ediz. Bur, pag. 8;
 2) 
		
		L'essenza del nichilismo è l'essenza dell'Occidente… 
		Il pensiero di Leopardi si trova sulla 
		linea più avanzata 
		 che 
		l'Occidente può raggiungere muovendo verso la propria essenza, e 
		oltrepassando la quale l'Occidente scorgerebbe, nella propria essenza, i 
		tratti della follia estrema del nichilismo 
		(pag. 27 op. cit.); Fra parentesi, il prof. 
		Severino tale frase l'ha fatta diventare un libro che in effetti è mezzo 
		libro dal momento che dice solo metà di quello che promette nel titolo: 
		è previsto un secondo volume di cui si parla solo in prefazione. Lezione 
		veneziana indimenticabile… 3) 
		La vera e 
		suprema filosofia è la contemplazione dell'impotenza. La visione della 
		nullità di tutte le cose ( id. pag. 
		170). Sì, d’accordo, il professore sta commentando qui il pensiero 1839 
		del Leopardi ed altrove altri pensieri, ma non ne prende mai la distanze 
		e 
		li sposa facendo costante apologia. Come 
		dire: dopo Leopardi e Nietzsche i grandi filosofi (sic!) sono tutti quei 
		pensatori (?) che non pensano più e che ripetono fino alla nausea le 
		tesi leopardiane e nietzschiane. 4) 
		Il divenire 
		è un gioco senza perché dirà il prof. 
		Severino 
		a pag. 190 della stessa opera citata, e noi 
		condividiamo tale affermazione, ma a patto che si aggiunga: 
		perché il nichilismo uccide la mente, perche 
		
		il nichilismo uccide i 
		perché?
		, perché il nichilismo, uccidendo la 
		parte più nobile dell'uomo, lo riporta alla bestialità, alla sua 
		esclusiva animalità. La 
		stessa apologia del nulla noi sentiamo allorché viene detto:  5) 
		L' 
		ultrafilosofia  
		sa che l'essenza della ragione moderna è la 
		visione della nullità delle cose 
		(id. pag. 324). Dal nostro modestissimo punto di vista, se l'ultrauomo è 
		l'uomo liberato dalla tirannia di Dio, se il superuomo è l'uomo che non 
		crede più ad alcun valore e non vede alcuno scopo nella vita, se da 
		tanto 
		ultra dovesse 
		nascere una filosofia, ebbene, i "responsabili" di essa potrebbero 
		tuttalpiù essere chiamati 
		ultras-filosofi, 
		 da 
		cui 
		ultras-filosofia, ovvero filosofia… 
		della curva.    
		La prima delle ddue 
		epigrafi con cui il prof. Galimberti inizia 
		L'Ospite 
		inquietante - il nichilismo e i giovani 
		- ediz. Feltrinelli, sembra un esplicito invito a non opporsi al 
		Nichilismo, se non proprio un invito a spalancare ad esso le porte:
		
		Nietzsche chiama il nichilismo 
		'il più inquitante fra tutti gli ospiti', 
		perché ciò che esso vuole è lo spaesamento…come tale. Per questo non 
		serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in 
		modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è 
		accorgersi di quest'ospite e guardarlo bene in faccia. 
		Le parole sono di Heidegger e sono tratte da 
		La questione 
		dell'essere. 
		La cosa ci ricorda tanto Freud e il suo 
		Inconscio: come un invito a passare gran parte del proprio tempo a 
		rovistare nella pattumiera che ognuno di noi riempie immancabilmente 
		giorno per giorno. Osservare, studiare anche, la propria spazzatura è 
		doveroso, ma starsene lì a rovistare fra i rifiuti per ore ed ore, 
		giorni e giorni, per l'intera vita, ci pare esagerato. E' come se uno 
		studioso di simboli e metafore si muovesse nel mondo come se ogni cosa 
		fosse simbolo di qualche altra cosa…Il Nichilismo è sì un ospite, ma non inatteso: è stato invitato. I 
		bigliettini di invito li ha scritti, una volta per tutte ed in bianco, 
		Nietzsche. Chi si imbatte nella sua opera (da leggere e da approfondire, 
		per carità), può scrivere oppure no il proprio indirizzo per avere in 
		casa tale ospite. Tanti lo hanno fatto. Ma la domanda inquietante che ci 
		poniamo è: e se l'invito fosse stato compilato anche da certe 
		istituzioni rappresentative di popoli? E se l'ospite fosse stato 
		invitato, anziché nelle singole umili casette dei singoli, nei palazzi 
		delle istituzioni? E' possibile, ci chiediamo, che tale ospite 
		profetizzato da un Nietzsche mal'interpretato 
		possa essere divenuto parte delle 
		istituzioni e quindi direttiva sociale? Come mai nell' ultimo ottimo 
		libro del prof. Galimberti, non si parla di "nichilismo e politica"? 
		Deve davvero essere la nostra tomba tale ospite inquietante? Non siamo 
		noi responsabili degli ospiti a cui spalanchiamo le porte di casa? E' 
		davvero una necessità ubriacarsi di nulla? 
		E necessario, obbligatorio genuflettersi al 
		dio nulla? Questo tramonto dell'Occidente esclude davvero una nuova 
		alba?  
		Il Nichilismo puzza di morte, 
		di marcio, di noia, di disperazione, di solitudine e di tante altre 
		cose. 
		L'uomo 
		non può essere ridotto a rappresentante permanente della morte ed a suo 
		cantore, perché esso è 
		
		portatore di 
		Vita, nonostante abbia un corpo che 
		dovrà restituire alla terra alla fine della sua esistenza corporale. E 
		quella 
		Vita 
		non è nulla:è il nostro più profondo 
		
		
		ESSERE. 
		La "terra della sera" non è l'ultimo atto di qualcosa che 
		definitivamente finisce, essa è parte di un tutto che gira circolarmente 
		ma in modo spiralato. Essa è al tramonto e deve essere bella. Non 
		scambiamo la "terra del declino" con quella del tramonto. Quando il sole 
		lascia il posto alla luna, prima che il buio si imponga, è bene dare 
		l'arrivederci e non l'addio. 
		Perché trasformare tutto in un ingresso alla 
		tomba. A volte sembra davvero che il Nichilismo nietzschiano sia stato 
		trasformato in un vampiro, 
		i cui atomi, le cui cellule, i cui organi 
		siano composti dalle mille apologie, dalle tante pagine scritte a favore 
		di Nietzsche: ogni pubblicazione una limata di canini del mostro 
		succhiasangue; ogni inchino al dio nulla una sicura anemia che porta 
		prima alla malattia e poi alla morte. La filosofia di Nietzsche sta 
		diventando un credo: per avere la patente di superuomini basta 
		bestemmiare Dio ("Dio è morto"), insultare la vita dicendo che essa non 
		ha alcun senso, comportarsi come un animale buttando a mare ogni e 
		qualsiasi valore. E poi interpretare il grande testo sacro (le opere di 
		Nietzsche) amplificando la divinità del nulla. Se i superuomini sono 
		coloro che hanno condotto la nostra società occidentale al punto in cui 
		essa è, noi preferiremmo piuttosto parlare di sub-uomini, di "uomini del 
		sottosuolo" che proclamano la fogna in cui abitano "casa ideale". Il 
		sottosuolo ce l'abbiamo tutti, ma un conto e prendere atto della sua 
		esistenza e del puzzo che da esso emana, altro conto è, dopo averlo 
		visitato e studiato, farsi una bella doccia e andare in terrazza a 
		respirare l'aria pura. Non esiste mica soltanto il sottosuolo, no?
 Non vorremmo però 
		essere fraintesi. Quando parliamo di nichilisti in senso negativo non ci 
		riferiamo né a Nietzsche né a grandi pensatori come il prof. Severino 
		(di cui non condividiamo tutti i pensieri) o il prof. Galimberti di cui 
		siamo assidui lettori, pur non sposando ogni sua tesi). Ci riferiamo 
		pittosto a tutti coloro che intendono tradurre il nichilismo in termini 
		di "sottosuolo", ci riferiamo a tutti coloro che, anziché invitare i 
		giovani a superare il momento del declino, pur di far continuare il 
		momento della 
		terra della sera, 
		oscurano la luce del sole… dell'intelletto. Bene fa Heidegger a iniziare 
		il suo 
		Nietzsche con 
		un'epigrafe "luminosa" tratta dal IV libro della 
		Gaia scienza
		(Nietzsche ha scritto pagine solari e 
		pagine lunari, e non si sa bene perché la maggior parte dei suoi 
		sgraditi - per lui - discepoli hanno sempre scelto di focalizzare 
		l'attenzione sulle parti lunari): "La 
		vita… più misteriosa - da quel giorno in cui inaspettato venne a me il 
		grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un 
		esperimento di chi è volto alla conoscenza". 
		Ma lo stesso 
		Heidegger subito dopo contribuirà a creare quella grande forza 
		"distruttiva" che Nietzsche sapientemente ha saputo estrarre dalla 
		supposta bimillenaria menzogna allo stesso modo in cui i fisici hanno 
		rubato all'atomo la sua immensa potenza distruttiva. Perché è bene 
		sapere che, a tutti coloro i quali credono nel vangelo nietzschiano, la 
		pseudo "scoperta" di questa grande bugia e la sua accettazione passiva 
		hanno scatenato una rabbia retroattiva nei e dei secoli. Disprezzare il 
		grandissimo e insuperato Platone, il sapientissimo, l'architetto della 
		nostra civiltà, quanto meno diventa per loro obbligo. Ma se le parole 
		sono frutti ed i filosofi alberi, da quella cosiddetta bugia sono nati 
		fiori e frutti, dalla verità nietzschiana erbacce. Se all'autorità di 
		Dio subentra "l'istinto sociale" e l'autorità della coscienza 
		soggettiva, il dominio della ragione del singolo, e il dio del progresso 
		storico (cfr il 
		Nietzsche di 
		Heidegger citato pag. 761), se la collettività, la società rinuncia a 
		millenarie leggi cosiddette divine scritte e proposte da "persone" 
		eccezionali quali Mosé, Buddha, Gesù, Krisna, le quali gettarono le basi 
		dei valori imprescindibili per una corretta convivenza sociale, la vita 
		di gruppo diventa un inferno: ognuno fa le leggi obbedendo solo alla 
		propria ragione, alla propria coscienza, al proprio istinto sociale e 
		così via. Cosa vuol dire liberarsi dei valori, buttare a mare un anello 
		d'oro, una cosa buona e bella, una cosa utile, un valore insomma, per 
		mettersi al dito (è solo una metafora) un orribile anello di plastica o 
		di ferro arruginito? 
		Interpretando 
		Nietzsche, Heidegger afferma che il nichilismo non spinge alla mera 
		nullità e che 
		la sua autentica 
		essenza sta nel modo affermativo di una liberazione. Ma come se non 
		bastasse, aggiunge che tale liberazione non guarda solo al futuro, ma 
		anche al passato (cfr pag. 762 op. cit.). Siamo alla follia: la storia 
		va cancellata in quanto frutto di menzogna. Ma non vi pare che 
		Nietzsche, in un eccesso di delirio di onnipotenza e di smisurata 
		invidia verso Platone e 
		Cristo, abbia voluto prenderne il posto 
		anche retroattivamente? Cosa peraltro rintracciabile nella imitazione 
		che in Zarathustra fa del modo di parlare del maestro Gesù. Ma davvero 
		crediamo che l'ultima verità metafisica sia quella declamata da 
		Nietzsche? 
		L'intento di Nietzsche salta fuori poco 
		prima della sua follia, quando in un frammento scritto alla fine del 
		1888 dice: 
		"Guardo talvolta la mia mano, 
		 pensando 
		che ho in mano il destino dell'umanità: lo spezzo invisibilmente in due 
		parti, prima di me, dopo di me ecc. 
		 (vedi 
		pag. 943 op. cit. - postfazione di Volpi). Prima di Nietzsche e dopo di 
		Nietsche, anziche prima e dopo Cristo. Il succo è tutto là. Quando un 
		mistico si imbatte nel nulla diventa illuminato, perché questo nulla è 
		ciò che resta della individualità quando l'ego svapora, ma al suo posto 
		nasce qualcosa di tutto abbracciante, per dirla con Jaspers, che spesso 
		fa gridare allo stesso mistico: io sono Dio - per essere subito dopo 
		crocifisso o bruciato vivo o lapidato dagli idioti ecc. Il nulla 
		dell'uomo di vera conoscenza e non dell'uomo distruttivo, il nulla del 
		mistico è quell'immenso stupore che accompagna l'esplosione dell'ego. 
		Quando un moderno nichilista parla di "immane potenza del nulla" è come 
		se parlasse di una tremenda forza distruttiva; quando un mistico parla 
		del nulla, come fa l'anonimo autore della 
		Nube della 
		non conoscenza, parla di una 
		insuperabile forza costruttiva. Come dire, odio contro amore.
 Noi siamo più vicini al 
		Nietzsche di 
		Jaspers, che ha preceduto quello di Heidegger, che a quello di 
		quest'ultimo. Jasper si lascia coinvolgere meno, è sempre lucido, rimane 
		quel gigantesco psichiatra che era, come testimonia la sua opera 
		
		Psicopatologia generale, che dopo quasi 
		un secolo è ancora validissima e testo fondamentale in materia. 
		Heidegger 
		criticherà molto l'opera del suo collega filosofo, 
		e concluderà che l'opera di Nietzsche segna 
		l'ineludibile compimento della metafisica occidentale, mentre Jaspers 
		vedrà in Nietzsche "un filosofo dell'esistenza le cui affermazioni fanno 
		scandalo e provocano, ma non sono vincolanti 
		e non richiedono di essere prese sul serio". 
		Jaspers ha incontrato il filosofo del nulla, lo ha studiato, rivoltato, 
		scavato, e poi è ritornato ad essere se stesso. Heidegger ha incontrato 
		Nietzsche, si è confrontato con il suo pensiero per dieci lunghi anni, 
		lo ha assimilato, ed alla fine ha smesso di essere se stesso, divenendo 
		un amplificatore-discepolo chiuso nel labirinto del nulla. Il pensiero 
		di Jaspers è di gran lunga più aperto di quello del suo 
		collega e amico alternato. Il Nichilismo, ci 
		informa il prof. Galimberti, ha prodotto una crisi esistenziale che poco 
		ha di psicologico: le persone che frequentano centri di consulenza 
		psicologica "riflettono la tristezza diffusa che caratterizza la nostra 
		società contemporaea, percorsa da un sentimento permanente di 
		insicurezza e di precarietà" (Pag. 25 
		
		L'Ospite inquietante-Feltrinelli). 
		Non più una crisi del singolo "ma il riflesso nel singolo della 
		crisi della 
		società". Crisi che ha trasformato 
		quello che una volta era "futuro-promessa" in "futuro-minaccia". Tutto 
		questo, dice Galimberti riportando il pensiero di due studiosi francesi, 
		è cominciato con la dichiarazione della "morte di Dio". E grazie tante! 
		E' come se un padre nel suo testamento scrivesse, anziché "a tizio non 
		lascio niente", "a tizio lascio 
		questo 
		niente con l'obbligo di accudirlo e 
		diffonderlo fra i popoli. Quel povero tizio uscirà fuori di testa: gli è 
		stato lasciato 
		un niente, il nulla, 
		e la sua mente va in tilt per la ovvia incapacità 
		di potere gestire tale assurdo lascito. Ma siccome gli eredi sono tanti, 
		per non ammettere la follia del 
		lascito a loro destinato, si sono 
		coalizzati. E' nata così quella immensa schiera di "untori" che da tutti 
		i pulpiti immaginabili hanno preso ad intonare (sarebbe più corretto 
		dire a stonare) canti di pessimismo leopardiano-nietzschiano che hanno 
		finito con l'ipnotizzare le folle. 
		
		Oggi questa visione ottimistica è crollata. 
		Dio è davvero morto… 
		, dice Galimberti a pag. 27 della sua sopracitata opera (la 
		sottolineatura ed il corsivo sono nostri. E noi diciamo: con la 
		proclamazione della morte di Dio i nichilisti si stanno suicidando 
		lentamente: hanno firmato la propria inutilità, la propria morte. Ed in 
		un panorama universale che vede in ogni cosa il trionfo della 
		
		VITA-UNA-IMMANENTE-TRASCENDENTE, in un 
		panorama di 
		
		LUCE ONNIPERVADENTE,
		si ficca la testa sotto la sabbia 
		e si grida "al buio!".
 Ma come si fa ad affermare che Dio è morto davvero? Dio chi? Morto come, 
		dove?  
		Seppellito da chi, da uno che vede volontà di 
		potenza anche nei sassi e che si proclama lo spartiacque dei secoli come 
		un Cristo? Cosa si intende qui 
		per Dio, Quello dei Cristiani, come 
		suggerisce Heidegger? 
		Ma ci si rende conto di quali frutti è padre 
		e madre l'albero velenoso del Nichilismo? I filosofi nichilisti non ci 
		sembrano proprio superuomini, né tanto meno sono ultrauomini quei 
		fantasmi che spaccano tutto e che distruggono se stessi perché "tanto è 
		tutto inutile e senza scopo".
 Il subumano ha preso le redini della collettività, l'uomo del sottosuolo 
		ha vinto, e non è per nulla innocuo come quello appena patetico del 
		Dostoevskij. 
		Fa danno a se 
		stesso, ma anche, purtroppo, a chi del sottosuolo non ha ancora fatto il 
		suo domicilio e la sua residenza. Le parti basse non sono il cuore della 
		casa. L'apologia degli scantinati ha contagiato ormai tutti: il 
		sottosuolo si è ormai imposto. Come un verme ha rosichiato tutto quel 
		che poteva, e la società cui ha dato vita è ovviamente marcia. Ma come 
		si fa a dichiarare senza arrossire di vergogna che Dio è veramente 
		morto? Una proposizione del genere non potrà mai essere frutto di 
		speculazione filosofica, perché un vero nichilista non può affermare la 
		morte di qualcosa che, secondo lui, non è mai esistita. Nietzsche 
		parlava chiaro: attaccava Platone, le religioni, i preti, la metafisica, 
		le idee, in un momento in cui l'aria era ancora inquinata dagli ultimi 
		fumi dei santi roghi. Ha avuto coraggio ad esporre le sue idee senza 
		nascondersi dietro le spalle di nessuno. A differenza di quanti oggi si 
		nascondono dietro le sue spalle per dire le stesse identiche cose e col 
		solo scopo, poco filosofico e molto anticristiano, di dare la spallata 
		finale ad una religione che sta facendo di tutto per darsi la zappa sui 
		piedi per mano di suo rappresentanti dediti più a Cesare che a Dio. Se 
		tizio non crede in Dio ed è vero filosofo non dirà mai Dio è morto, 
		continuerà a dire Dio non esiste. Anche se, grazie alla mente sopraffina 
		di altri più importanti nichilisti, anche il 
		niente
		può 
		essere.
 Heidegger, il 24 Luglio 
		del 1929, allorché venne chiamato dall'Università di Friburgo per 
		succedere ad Husserl sulla cattedra di Filosofia, tenne una lezione 
		inaugurale dal titolo 
		Che cos'è la metafisica? 
		Tale lezione fu stampata lo stesso anno e da allora 
		è circolata in tutto il mondo come libro. 
		Ebbene fin dalle 
		prime pagine di tale libro si avverte il grandissimo interesse che 
		Heidegger nutre per il… niente, arrivando persino a rimproverare chi di 
		tale niente non vuole curarsi: "Del 
		niente sappiamo che non vogliamo saperne niente". 
		Un lettore di cultura medio bassa (come noi siamo) già barcolla come un 
		ubriaco: ma come è possibile sapere qualcosa di un qualcosa che non 
		esiste? si chiede smarrito, ed incuriosito continua la lettura. Ed ecco 
		la sorpresa: Heidegger assume 
		
		il niente come qualcosa che 
		è così e così, cioè 
		lo trattiamo come un ente" 
		(Heidegger - Che cos'è la metafisica - ed. Adelphi, pag. 42). Subito 
		chiediamo aiuto al buon senso e ci diciamo: un tavolo è un ente e 
		possiamo studiarlo per conoscerlo, allo stesso modo un albero, una 
		pietra, un uomo, un gattino, perfino un filosofo possiamo studiare. 
		L'ente esiste, 
		è, pertanto è 
		studiabile, di esso si può discutere, costruire proposizioni. Prendiamo 
		ora "l'isola che non c'è". Oltre la favola di Peter Pan, in cui se ne 
		parla in termini di divertita fantasia, non siamo capaci di andare. Se 
		l'isola non c'è, non c'é. Punto e basta. Come si fa a parlarne? L'antico 
		principio di non contraddizione parla chiaro: l'essere
		non può 
		non-essere, 
		e viceversa il 
		non-essere non può
		
		essere. Ci si dice che il pensiero è 
		sempre pensiero di qualcosa, e siamo tutti d'accordo, ma ad oggi non ci 
		risulta che l'uomo, questa meraviglia casuale della natura (lo affermano 
		i nientisti) possa far esistere qualcosa che non esiste, mandando a 
		gambe all'aria il vecchio principio di non contraddizione. Ma Heidegger 
		insiste: 
		"il Niente 
		è 
		(?)… 
		il puro e semplice Non- ente", e qui non 
		possiamo non essere d’accordo, ma per il fatto che si dica "il Niente
		è…" non 
		ci si può nel modo più assoluto obbligare a credere che esso 
		esista giusto 
		perché si è 
		pensata e poi 
		scritta una simile frase. Ma ecco che il grande filosofo ci sciocca: se 
		noi cerchiamo il niente - ci dice più o meno - vuol dire che già 
		sappiamo che esiste. Ma qui siamo sempre all'isola che non c'è: possiamo 
		pure cercare qualcosa che non esiste, ma 
		il cercarla 
		non è una sorta di bacchetta magica che la porta in esistenza. Ma lui 
		insiste: sappiamo certamente che c'è: si riferisce alla parola 
		
		niente, 
		al concetto
		 che 
		usiamo nel linguaggio comune. E poi giù definizioni e distinzioni: "Il 
		niente è niente" . Ma come può un 
		filosofo scrivere una simile proposizione? Il verbo 
		è 
		non può fare compagnia alla parola 
		niente 
		se non preceduto dalla paroletta magica 
		non-è. 
		L'unica frase corretta 
		è: 
		il niente non é. 
		Quanto alle 
		distinzioni Heidegger distingue il Niente immaginato dal Niente vero e 
		proprio. Però non basta: a quel niente che non c'è, che non esiste, il 
		nostro filosofo appioppa la qualifica di "rappresentante dell'assoluta 
		indifferenza". Ed ecco la svolta filosofica che pochissimo ha di 
		filosofico riducendosi a trovata psicologica. Dopo una breve puntata 
		sulla 
		noia, tanto per 
		introdurre l'altro più inquietante argomento, voilà la sterzata finale:
		
		"Accade nell'esserci dell'uomo uno stato d'animo in grado di portarlo 
		dinanzi al Niente stesso? Questo accadere è possibile e, benché assai di 
		rado, è pure reale, solo per degli attimi, nello stato fondamentale 
		dell'angoscia". Siccome, continua, in 
		questo stato d'animo particolare uno è spaesato…e non rimane nessun 
		sostegno "l'angoscia 
		rivela il Niente" (cfr pag. 50 op. 
		cit.). Non ci siamo ancora ripresi dalla pseudo svolta che: "Che 
		nello spaesamento dell'angoscia noi si cerchi spesso di infrangere il 
		vuoto silenzio proprio con parole dette a caso, non è che la prova della 
		presenza del Niente" (Id.). Rudolf 
		Carnap, è notorio, ha molto criticato quella miriade di frasi 
		filosofiche del tipo "il Niente nientifica" che Heidegger usava a 
		profusione nei suoi scritti (basta leggere 
		Essere e 
		tempo per farsene un'idea), e le 
		respingeva come "insignificanti e inaccettabili". Certo, egli criticava 
		tutte le metafisiche ad eccezione di quelle con valore estetico (come 
		quella di Nietzsche), poiché esse usano concetti 
		che, secondo lui, non hanno significato 
		reale, e che spesso vanno contro le più elementari regole di sintassi, e 
		noi non siamo d’accordo con questo rifiuto generale. Ma le sue critiche 
		particolari ad Heidegger le condividiamo al 100%. Anzi, ci meraviglia 
		che come critica all'ultimo brano di Heidegger sopracitato non abbia 
		detto che: "Heidegger, spaesato nell'angoscia, infrange il vuoto 
		silenzio con parola dette a caso? Non è che non dice niente?…"
 Ci chiediamo: come fa il niente ad essere (!) ciò che dà ad ogni ente la 
		garanzia di essere? 
		Non è che Heidegger 
		nasconde tutta la sua filosofia dietro ad una operazione scandalosamente 
		semplice, e cioè che lui fa del 
		ni-ente
		un 
		ente, 
		cancellando il 
		ni di 
		ni-ente?
 Noi ci scusiamo con tutti i discepoli di questo grande pensatore, ma 
		come Carnap siamo rimasti molto colpiti 
		da quelle infinite frasi volte a dare la patente di ente al niente. 
		Sicuramente le nostre frasi irriguardose verranno prese solo per quello 
		che sono: una manifestazione di contrarietà oltre che di stanchezza per 
		avere dovuto leggere talmente tante pagine sul nulla. Meglio le 
		bellissime pagine sull'Essere. 
		Se a tutto questo aggiungiamo che non siamo 
		filosofi ma gente comune, il perdono sarà certamente totale. Ma 
		riprendiami il solco generale del nostro discorso.
 Parlavamo del sottosuolo e di come pensatori di orientamento 
		particolare lo abbiano fatto diventare la 
		casa in cui vivere per essere moderni e all'avanguardia.
 Dopo avere letto il 
		buon libro del prof. Galimberti su 
		il 
		nichilismo e i giovani dal titolo 
		L'ospite 
		inquietante, abbiamo riflettuto su 
		alcuni passi di esso. Alla pag. 30 
		si legge di come
		
		"l'illusione della modernità " abbia
		
		"fatto credere all'uomo di poter cambiare tutto secondo il suo volere" 
		e di come ciò abbia creato insicurezza e paranoia, per cui 
		"non si 
		parla d'altro se non della necessità di proteggersi e sopravvivere, 
		perché allora si arriva al punto che la società si sente libera dai 
		principi e dai divieti e, per effetto di questa libertà, la barbarie è 
		alle porte". Il prof. Galimberti 
		conclude invitando le persone ad uscire dall'isolamento in cui la 
		società tende a rinchiuderle 
		"in nome 
		degli ideali individualistici che, a partire dall'America, si vanno 
		paurosamente diffondendo anche da noi". 
		Ora, dopo avere dichiarato la nostra perplessità davanti alla parola 
		America (quale, quella del sud o quella 
		centrale? Oppure quella del nord? Ed in quest'ultimo caso, è da 
		comprendervi anche il Canada?), tornando alla parte centrale del 
		periodo: non è che la barbarie è esplosa già da un bel pezzo e che a 
		sentirsi liberi da principi e da divieti siano stati giusto coloro che 
		l'hanno promossa? Non è che una larga fetta di cultura (giornalismo, 
		letteratura, cinema, tv, teatro, sport, ecc., si sia schierata con un 
		buonismo eccessivo, con un giustificazionismo esagerato, con un 
		difensivismo verso le parti caine di noi tutti soprattutto quelle che ci 
		hanno spinto all'azione caina? Non è che certa politica incosciente e 
		trasversale abbia in qualche modo contribuito a tale barbarie che non ha 
		certo bisogno di speciali importazioni? Non è che la democrazia è stata 
		scambiata per "governo dei 
		fessi" e le nazioni democratiche per terre di scorazzamento sregolato da 
		parte di chiunque?
 La barbarie non 
		nasce solo dall'individualismo esasperato. E' questo che, in parte, 
		nasce dalla barbarie, e la paranoia e di essa figlia. Se la società 
		vuole proteggersi non è perché è paranoica: la società sta diventando 
		paranoica per via di una barbarie che la costringe agli "arresti" 
		domiciliari, e per via di un nichilismo che predica l'assoluto non senso 
		della vita e l'abbattimento di ogni valore.
 Le soluzioni sono tante, ma due in particolare ci vengono in mente: 1) 
		le nostre illuminate istituzioni prendono atto della barbarie e corrono 
		ai ripari (scuola, mezzi di informazioni, leggi severe, ecc.; 2) 
		diventiamo tutti nichilisti e barbari, e a chi scassa di più: il primo 
		premio.
     
		A proposito del 
		"disinteresse della scuola" per l'educazione sentimentale dei giovani, 
		il prof. Galimberti, nel suo ottimo libro sottolinea come: "Espulsa 
		dalla scuola l'educazione emotiva, l'emozione vaga senza contenuti a cui 
		applicarsi, ciondalando pericolosamente tra istinti di rivolta, che 
		sempre accompagnano ciò che non può esprimersi, e tentazioni d'abbandono 
		in quelle derive di cui il mondo della discoteca, dell'alcol e della 
		droga sono solo esempi neppure troppo estremi" 
		(pagg. 35, 36 - op. cit.). Anche qui concordiamo in 
		parte col pensiero del prof. Galimberti. Sì, l'educazione emotiva, 
		quella seria, è stata espulsa dalla scuola, ma da quella stessa scuola 
		che manda in cattedra a tener conferenze non proprio dei maestri di vita 
		(ci riferiamo a cantanti, attori comici che per far ridere ricorrono 
		all'insulto, sportivi, ecc.), a cui si regala pure la laurea nelle 
		università. Quindi una sorta di insegnamento emotivo rientra nella 
		scuola attraverso canali impropri e non qualificati. Noi non abbiamo 
		nulla contro i cantanti ed i comici: parliamo solo di contenuti. Chi 
		canta lo spinello o il viaggio da drogati, chi insulta le persone in 
		maniera velenosa e gratuita, chi chiama arte lo scarabocchio fatto su un 
		monumento o su un muro di un edificio, chi insegna la rivoluzione 
		permanente e l'odio di classe, non può certo essere qualificato maestro. 
		Oggi si dà del maestro a registi discutibili, attori mediocri, pittori 
		imbrattatele, cantanti di musica leggera, e via dicendo. Maestro è il 
		depositario di un sapere e di un'esperienza tale che gli permette di 
		insegnare tutto quello che sa. Maestro è chi è in grado, col suo 
		insegnamento, di arricchire il discepolo di un sapere positivo tale che 
		gli consenta di arricchire la propria e l'altrui vita. E perché no, 
		maestro è anche chi sa educare le emozioni dei giovani, 
		incanalarle, ecc. 
		Non svalutiamo tale parola. 
		Oggi la letteratura per i giovani si è ridotta alla conoscenza dei testi 
		delle canzonette, e ciò è ridicolo. La verità è che certi politici riescono a plagiare questi fragili 
		giovani per sfruttarli a fini elettorali. Chi a diciotto anni è in gradi 
		di resistere al richiamo di una qualsiasi lotta contro qualsiasi cosa. 
		Basta creare un nemico (vero o fittizio) ed incitare il giovane alla 
		lotta contro di esso. Qui sarebbe facile scivolare in un discorso sul 
		'68, ma ciò esula dal nostro tema. Diciamo solo che i falsi maestri non 
		hanno nessun diritto di insegnare ai nostri giovani a vivere. Chi sono i 
		veri maestri? Tutti coloro che, abilitati da titoli di studio seri e 
		specifici, avendo studiato la psiche dei ragazzi e dell'uomo in 
		generale, ma soprattutto avendo approfondito la conoscenza di loro 
		stessi, possono passare la loro conoscenza, possono indirizzare, 
		accompagnare la gioventù lungo l'accidentato percorso della vita. Fino 
		ad una trentina di anni fa, per esempio, in tv non si mandavano 
		personaggi mediocri a parlare di questo o di quello. Gente esperta e 
		collaudata ricca di principi morali (sì quelli che il nichilismo deride 
		e abbatte ogni giorno), di saggezza, di cultura che davvero poteva dare 
		buoni esempi e buoni insegnamenti. Oggi in tv il primo che si alza va a 
		sproloquiare inanellando corbellerie in serie. Tutti hanno da insegnare, 
		nessuno deve più impare niente. Sono tutti maestri, ed a volte quando si 
		trovano insieme, come in un mercato borsistico si contendono la palma di 
		portatore di verità alle grida, e se non basta, al litigio in diretta. 
		Dobbiamo metterci in testa che la scuola non può più essere confinata 
		negli istituti scolastici. La forza che una volta avevano gli insegnanti 
		ora è equamente distribuita fra politici, presentatori, opinionisti, 
		conduttrici d'assalto, cantanti, scrittori, e così via dicendo. Quel 
		piccolo elettrodomestico che è il televisore è diventato scuola, ed 
		ahimé, tranne pochissime eccezioni, non insegna un bel niente, anzi…
      
		Noi stiamo qui a 
		parlare di Nichilismo quando piuttosto dovremmo parlare di nichilisti. 
		Perché, vedete, il Nichilismo non è altro che una propaganda negativa 
		che esperti nichilisti gridano con ogni mezzo possibile. Non è un mostro 
		che si aggira per la società, come vorrebbero far credere, è una sorta 
		di partito "politico" trasversale che ha come unico intento quello di 
		distruggere tutti i valori e dare la botta finale alla metafisica. 
		Perché? Perché l'ha detto Nietzsche! I nostri ragazzi - dice il prof. 
		Galimberti - vivono in quella terra di nessuno dove "la 
		famiglia non svolge più alcuna funzione, la scuola non desta alcun 
		interesse, la società alcun richiamo, dove il tempo è vuoto, l'identità 
		non trova alcun riscontro, il senso di sé si smarrisce, l'autostima 
		deperisce" (pag. 40 op. cit.). Tutto 
		vero, ma la domanda è: che cosa ha prodotto tutto questo? E la risposta 
		è semplicissima: tutta quella marea di falsa cultura che, in nome di una 
		rivoluzione permanente contro i valori, ha voluto lo sfascio della 
		famiglia, della scuola, della società e quindi dell'individuo. Le 
		responsabilità sono individuabili in tutte le opere di quei cattivi 
		maestri che hanno proposto la distruzione del vecchio edificio senza 
		avere in mente nessun progetto per il nuovo. Perché preoccuparsi? Tanto 
		tutto è vano e inutile, la vita non ha senso: buttiamo a mare tutto.Vogliamo riportare le inquitanti 
		parole che il prof. Galimberti scrive a proposito del 
		
		Bullismo degli studenti: "Solo con gli amici della 
		banda oggi molti dei nostri ragazzi hanno l'impressione di poter dire 
		davvero noi"
		(pag. 41 op. cit.). Hanno 
		smesso di dire noi, dice, come lo si diceva nel '68.
 Ma nel '68 ciò che cominciava a radunare i giovani erano i complessi 
		rock padri di tanti complessini casarecci, i libri di quei tanti falsi 
		maestri che comiunciavano a "raccontare" come per potere essere liberi 
		bisognasse fare tutto quello che passava per la testa, quei 'piper' che 
		hanno preceduto le discoteche, i cineforum su Bergman, le comitive ed i 
		circoli letterari di provincia che si riunivano attorno alle opere dei 
		Pasolini e company, e le ridicole occupazioni delle università da parte 
		di pochi poco avvezzi allo studio. Quel "noi" era malato in partenza 
		perché cementato da modelli fallimentari: se la moderna società è figlia 
		di quel '68, non possiamo che parlare di fallimento. Perché quando ad un 
		giovane dici che per essere veramente libero deve mandare a quel paese 
		ogni principio morale, ogni etica, ogni valore, gli stai togliendo la 
		possibilità di dare un senso alla propria vita. Quello è il nichilismo e 
		non un'astrattezza. Esso è la conseguenza delle prediche sessantottine 
		tenute da improbabili pulpiti da personaggi che a nostro parere nulla 
		hanno avuto di profondo, di vero, di positivo. Il sessantotto ha messo 
		in moto una falsa rivoluzione, perché macchiato in partenza di 
		idee nichiliste. Ma la colpa più grande di 
		questo infelice periodo è stata quella di avere illuso i giovani ad 
		autogovernarsi in un'età di transizione che li vedeva fragilissimi ed 
		esposti ad ogni soffio. Sappiamo tutti benissimo che a quell'età, salvo 
		rarissime eccezioni, si è immaturi mentalmente ed emotivamente. Si 
		impose il principio per cui, per essere moderni ed alla page, bisognasse 
		andare contro ogni autorità (a casa, a scuola, nella società in genere); 
		si fece capire ai giovani che si poteva andare in giro per il mondo 
		cantando canzonette da due soldi, dormendo sotto i ponti o sotto il 
		cielo stellato, senza lavorare regolarmente, ed essere felici. Quanti 
		nostri amici, illusi da questi miraggi, si sono trovati a vivere 
		l'intera loro vita sotto i ponti, facendo accattonaggio. Si insegnò ai 
		giovani a fare a meno dei progetti: meglio vivere insieme in ruderi 
		abbandonati per leggere insieme libri rivoluzionari, per poi andare in 
		piazza a riversare una rabbia nata anche da inconscia insofferenza ad 
		una vita sensa senso. Il Nichilismo non è una peste venuta dal cielo 
		attraverso un meteorite: esso è una sorta di rete fognaria a cielo 
		aperto, in cui chiunque può scaricare le cose che dal suo sottosuolo 
		porta alla luce del sole. Ma non sono navigli, né canali di irrigazione: 
		le sue acque sono melmose, paludose e tossiche, nonostante degli 
		abilissimi pensatori riescano a far spuntare dalle loro stagnanti 
		superfici delle meravigliose ninfee. Sono sabbie mobili che inghiottono 
		e divorano ogni buon senso a chi si avventura in esse. Alcuni riescono a 
		raccogliere i petali di tali ninfee, ed ecco che in poco tempo diventano 
		lotofagi, e purtroppo non c'è nessun Ulisse che li tiri fuori dalla loro 
		sventura.
 Ma possibile, ci 
		chiediamo, che persone intelligentissime non si accorgano di tanto 
		danno? Possibile non si rendano conto del fallimento del non-progetto 
		nichilista? Questo sub-uomo deve proprio diventare bestia al 100% perché 
		qualcuno corra ai ripari e proclami, con tutta la potenza che si 
		ritrova, 
		IL 
		NICHILISMO E' MORTO! 
		perché  
		la morte dei valori e di Dio è la sua tomba?
 Il Nichilismo è sempre stato un aborto perché il suo fondamento è il 
		nulla: è nato morto, anzi è un non-nato. Non è morto Pan e non è morto 
		Dio, 
		PERCHE' 
		IL NULLA NON PUO' DICHIARARE ALCUNCHE'. 
		Non prendiamo in giro i nostri 
		ragazzi portandoli a credere nell'assurdo, né confondiamoli con la 
		tecnica prostituita. Smettiamola di tagliare i ponti sotto i piedi. Se 
		la vostra somma intelligenza, signori nichilisti, ha toccato il tetto 
		della vostra massima verità nella 
		frase "la vita non ha alcun senso ed i valori non contano un accidenti", 
		non vi pare sia giunto il momento di dare senso almeno a quello che 
		dite, togliendo in grande stile il disturbo? Se poi non si ha il 
		coraggio di… congedarsi, rimane sempre il sottosuolo: quel paradiso che 
		offre alla vita del sopra-suolo un senso di non-senso.
 Questo fantoccio che è stato messo ad ogni angolo di strada come fosse 
		un dio e che avete chiamato Nichilismo, è ora di bruciarlo come un 
		qualunque carnevale. Non state lì a cercare le cause di una malattia 
		provocata. Ammettete di avere preso un bel ganchio e 
		tutto torna come prima e meglio di prima, nonostante la tecnica e via 
		discorrendo. I valori non possono morire, le miniere d'oro in piena 
		attività non muoiono: se non si vuole estrarre l'oro vengono 
		semplicemente chiuse. Se il frumento è il valore per il fisico, il suo 
		oro, non si può pensare di distruggerlo e contemporaneamente di rimanere 
		in vita. Il Nichilismo di Nietzsche testimonia del suo tentativo quasi 
		mistico di andare oltre se stesso. Esso è stato frainteso da nazisti, da 
		filosofi e dalla ciurma.
 Nietzsche era una persona 
		docilissima, educatissima, rispettosissima delle leggi, amante della 
		natura e degli animali. Prima che la follia lo inghiottisse 
		definitivamente, con un ultimo guizzo di sanità mentale abbracciò un 
		povero cavallo che veniva percosso selvaggiamente da un carrettiere del 
		sottosuolo. Egli, per tutta la vita, pur facendo impietose escursioni 
		nel suo sottosuolo e in quello degli altri, ha sempre vissuto alla luce 
		del sole. Che hanno da fare con lui i distruttori della società 
		occidentale creatori del sub-uomo? Non vediamo danzare nessuno sotto 
		l'ebbrezza dell'estasi dionisiaca vera, vediamo solo dei saltinbanchi 
		che sputano fuoco e si dimenano al ritmo di musiche vuote. Non vediamo 
		nessuno andare oltre se stesso: il nichilista moderno all'annuncio di 
		Nietzsche si è talmente spaventato da non più connettere: è incapace di 
		mettere in moto il suo senso critico e cercare di andare oltre 
		Nietzsche. Quindi si è costruito un muro di pianto attorno alla sua 
		persona inutile e senza senso, e non fa che lacrimarsi addosso. Ma le 
		sue lacrime sono infettive: producono altre lacrime, ed ecco che si dà 
		vita ad un muro del pianto che poco ha da invidiare alla Muraglia 
		Cinese: di qua l'inutile vita, e di là, oltre il muro, il nulla.
 La Vita è estasi, perché 
		vibra in ogni essere vivente e sta quindi dentro e fuori di noi. Il 
		senso della vita è cogliere questa unità di noi tutti. Ci accontentiamo 
		anche della 
		Vita come sperimentazione 
		 proposta 
		dal prof. Galimberti. E' certamente triste vedere nelle discoteche e per 
		le strade o ai concerti masse di ragazzi che ammassano le proprie 
		solitudini per marciare all'unisono al ritmo folle della loro musica 
		preferita e sperare che la monotonia del passo faccia crollare 
		quell'incredibile muro del pianto costruito 
		e voluto dal nichilismo. Ma questi giovani 
		che in discoteca portano le loro solitudini (come dice il prof. 
		Galimberti) sono soli perché è stata loro rubata l'anima e buttata nel 
		sottosuolo come una cenerentola al servizio di sensi sfrenati e votati 
		all'autodistruzione.
 Il nichilismo è morto! I valori sono evasi dal 
		sottosuolo, sono un po' inzaccherati ma lavabili. 
		********************************************************* Testi citati e testi consigliati per approfondire: 
		
		-         
		
		Umberto Galimberti 
		- L'Ospite inquietante - 
		Feltrinelli; 
		
		-         
		
		Umberto Galimberti - Il tramonto dell'Occidente - Feltrinelli; 
		
		-         
		
		Umberto Galimberti - Psiche e Techne - Feltrinelli; 
		
		-         
		
		Martin Heidegger - Essere e tempo - Longanesi; 
		
		-         
		
		Martin Heidegger - Il nichilismo europeo - Adelphi;  
		
		-         
		
		Martin Heidegger - Che cos'è la metafisica - Adelphi; 
		
		-         
		
		Martin Heidegger - Nietzsche - Adelphi; 
		
		-         
		
		Karl Jaspers - Nietzsche - Mursia; 
		
		-         
		
		Karl Lowith - Saggi su Heidegger - SE; 
		
		-         
		
		Dostoevskij - Memorie dal sottosuolo - I capolavori Newton; 
		
		-         
		
		Dostoevskij - Il romanzo del sottosuolo - Feltrinelli; 
		
		-         
		
		Emanuele Severino - Essenza del nichilismo - Adelphi; 
		
		-         
		
		Emanuele Severinoi - Il nulla e la poesia alla fine dell'età della 
		tecnica:Leopardi - Bur; 
		
		-         
		
		Emanuele Severino - La filosofia futura - Bur; 
		
		-         
		F. 
		Nietzsche - Opere complete - Newton.     |